ALP aderente a AGL Alleanza Generale del Lavoro (confederazione sindacale dei lavoratori) codice fiscale: 97624870156; atto costitutivo (e statuto) registrato presso l'Agenzia delle Entrate, DP I MILANO-UT di Milano 1, in data 04/06/2012, serie 3, n.7107- sede naz.le:Via Antonio Fogazzaro 1, sc.sin. 3° piano, 20135 Milano, tel.3349091761, fax +39/1782736932, Whatsapp 3455242051, e-mail agl.alleanzageneraledellavoro@gmail.com ; e-mail certificata: alleanzageneraledellavoro@pec.it

mercoledì 30 dicembre 2015

GRAZIE ARAN PER AVERCELO DETTO SOLO ORA!


 AGL: ringraziamo l'ARAN per averlo reso noto dopo l'approvazione della Legge di Stabilità 2016! Con i cessi di sindacalisti di cui siamo dotati in Italia, soprattutto nel Pubblico Impiego, sebbene pagati ogni anno da ognuno di voi lavoratori iscritti minimo 150 euro all'anno di trattenute, se la notizia fosse stata data prima, avrebbero trovato il modo di farvi togliere altri soldi dal governo! 
Invece di andare a rompere le scatole alla Consulta e alla Corte Europea di Giustizia non sarebbe stato meglio partecipare a un serio processo di riforma dall'interno della PA, come sindacati, invece di impuntarsi come i somari? Se nessuno vi ascolta forse è perchè quanto dite non vale nulla, ci avete mai riflettuto sopra?

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fonte: www.ansa.it

P.a: Aran, giù stipendi ma in decennio pre-blocco +40%

Tra il 2010 e il 2014 retribuzioni di fatto pro-capite -1% 

Le retribuzioni pro-capite di fatto nel pubblico impiego sono scese di circa l'1% da quando è iniziato il blocco contrattuale, ma se tra il 2010 e il 2014 la dinamica cumulata è stata "negativa", nei "dieci anni precedenti si è registrato un incremento attorno al 40%". Così l'Aran, nel suo ultimo rapporto.

venerdì 18 dicembre 2015

DROGHE: RILANCIARE LA STRATEGIA ANTIPROIBIZIONISTA

AGL: solo la depenalizzazione del consumo ed una regolamentazione della produzione e vendita possono impensierire i grandi interessi criminali che raccolgono miliardi di euro. Il proibizionismo fa la fortuna dei narcotrafficanti e  i tossicodipendenti andrebbero trattati come malati e riforniti della droga gratuitamente, da parte dello Stato.Pensare di affrontare e risolvere questo problema in Italia solo con i magistrati e la polizia,  non ci ha risolto e non ci risolverà il problema . La cosa giusta è sottrarre e non solo contrastare l’infinita risorsa economica garantita dallo spaccio delle droghe, specie oggi cocaina e cannabis.
Se lo Stato producesse in proprio hashish e marijuana, oltre a garantire i nostri tossicodipendenti avremmo a disposizione quelle risorse economiche che oggi sottraiamo alle nostre forze dell’ordine, assicurandole invece alle mafie che, per mantenere questa ricchezza infinita, uccidono ogni giorno E’ giunta l’ora non della legalizzazione, ma della depenalizzazione delle droghe, spostando gran parte delle conseguenze punitive dell’uso di stupefacenti sul piano amministrativo e non penale.

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fonte: www.ansa.it



Spaccio droga Torino, bimbo assiste buco

Indagine carabinieri, 14 arresti e 5 misure cautelari

Un bimbo di pochi mesi in passeggino davanti al padre tossico che si 'buca': c'è anche questa immagine choc tra quelle riprese dai carabinieri nel corso di una indagine sullo spaccio di droga a Torino che ha portato a 14 arresti e cinque misure cautelari. L'indagine, in corso da giugno, ha portato alla luce una sorta di supermarket della droga a Porta Palazzo gestito da un gruppo di africani che riforniva una cinquantina di clienti al giorno.

giovedì 17 dicembre 2015

Banche salvate, l’annuncio di Renzi: «Cantone gestirà gli arbitrati» Il premier al Tg5: «Preferirei che i casi non fossero gestiti da Consob e Bankitalia ma da Anac. Faremo tutto il possibile perché chi è stato truffato possa avere i soldi»

AGL: bravissimo Presidente Renzi. Questo è il segnale che l'Italia pulita attendeva.
Il Dott. Raffaele Cantone è entrato in magistratura nel 1991. È stato sostituto procuratore presso il tribunale di Napoli fino al 1999, anno in cui è entrato nella Direzione distrettuale antimafia napoletana di cui ha fatto parte fino al 2007. Si è occupato delle indagini sul clan camorristico dei Casalesi, riferite anche nel noto best seller di Roberto Saviano, Gomorra, riuscendo ad ottenere la condanna all'ergastolo dei più importanti capi di quel gruppo fra cui Francesco Schiavone, detto Sandokan, Francesco Bidognetti, detto Cicciotto 'e Mezzanott, Walter Schiavone, detto Walterino, Augusto La Torre, Mario Esposito e numerosi altri. Si è occupato anche delle indagini sulle infiltrazioni dei clan casertani all'estero; in particolare in Scozia, dove è stata individuata una vera e propria filiale del clan La Torre di Mondragone dedita al reinvestimento in attività imprenditoriali e commerciali di proventi illeciti, in Germania, Romania ed Ungheria dove esponenti del clan Schiavone durante la latitanza si erano stabiliti ed avevano acquistato beni immobili ed imprese. Ha curato il filone di indagini che hanno riguardato gli investimenti del gruppo Zagaria a Parma e Milano facendo condannare per associazione camorristica un importante immobiliarista di Parma. Vive tutelato dal 1999 e sottoposto a scorta dal 2003 in quanto gli investigatori scoprirono un progetto di un attentato ai suoi danni organizzato dal clan dei Casalesi.

lunedì 14 dicembre 2015

Papa Francesco: dare lavoro a tutti i giovani, non solo ai raccomandati

AGL: speriamo che le parole di Papa Francesco illuminino i parlamentari che stanno elaborando la riforma della Pubblica Amministrazione italiana...

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Fonte: http://it.radiovaticana.va/

Francesco: dare lavoro a tutti i giovani, non solo ai raccomandati

Fare di tutto per sconfiggere la disoccupazione giovanile. E’ l’appello levato da Papa Francesco nell’udienza ai partecipanti al Progetto Policoro, iniziativa per il lavoro giovanile nata vent’anni fa come frutto del Convegno ecclesiale nazionale di Palermo. Francesco ha incoraggiato i giovani a non rassegnarsi dinanzi alle difficoltà nel trovare lavoro e ha ammonito che il lavoro non deve essere un dono concesso solo ai raccomandati. Nell’occasione di questa udienza, il Papa ha incontrato anche un gruppo di detenuti della Casa di Reclusione di Sant'Angelo dei Lombardi. Il servizio di Alessandro Gisotti:
http://it.radiovaticana.va/news/2015/12/14/francesco_dare_lavoro_ai_giovani,_non_solo_ai_raccomandati/1194231



Il Progetto Policoro ci dimostra che anche per i giovani è possibile un lavoro libero, creativo, partecipativo e solidale. Papa Francesco ha esordito così nel suo discorso tutto incentrato sulla dignità del lavoro, specie per i giovani. “Non perdiamo di vista l’urgenza di riaffermare questa dignità!”.
Troppi giovani sono vittime della disoccupazione
Ogni lavoratore, ha soggiunto, “ha il diritto di vederla tutelata, e in particolare i giovani devono poter coltivare la fiducia che i loro sforzi, il loro entusiasmo, l’investimento delle loro energie e delle loro risorse non saranno inutili”:
“Quanti giovani oggi sono vittime della disoccupazione! E quando non c’è lavoro, rischia la dignità, perché la mancanza di lavoro non solo non ti permette di portare il pane a casa, ma non ti fa sentire degno di guadagnarti la vita! Oggi sono vittime di questo”.
Il lavoro non vada solo a raccomandati e corrotti
“Quanti di loro – ha ripreso – hanno ormai smesso di cercare lavoro, rassegnati a continui rifiuti o all’indifferenza di una società che premia i soliti privilegiati – benché siano corrotti – e impedisce a chi merita di affermarsi”:
“Il premio sembra andare a quelli che sono sicuri di se stessi, benché questa sicurezza sia stata acquisita nella corruzione. Il lavoro non è un dono gentilmente concesso a pochi raccomandati: è un diritto per tutti!”
Voi, ha detto rivolgendosi ai giovani del Progetto Policoro, “rappresentate certamente un segno concreto di speranza per tanti che non si sono rassegnati, ma hanno deciso di impegnarsi con coraggio per creare o migliorare le proprie possibilità lavorative”. Il mio invito, ha detto, “è quello di continuare a promuovere iniziative di coinvolgimento giovanile in forma comunitaria e partecipata”. Spesso, ha constatato, “dietro a un progetto di lavoro c’è tanta solitudine: a volte i nostri giovani si trovano a dover affrontare mille difficoltà e senza alcun aiuto”. E, ha proseguito, “le stesse famiglie, che pure li sostengono – spesso anche economicamente – non possono fare tanto, e molti sono costretti a rinunciare, scoraggiati”.
La risposta della Chiesa è la testimonianza
Di fronte a questa situazione, ha esortato Francesco, la Chiesa è chiamata a dare una testimonianza, a “sostenere le nuove energie spese per il lavoro; promuovere uno stile di creatività che ponga menti e braccia attorno a uno stesso tavolo”, la Chiesa “accomuna tutti”. E ha messo in guardia da chi confonde la “realizzazione” della persona “con un certo modello di ricchezza e di benessere che spinge a ritmi disumani. Non sia così per voi”. “Alla scuola del Vangelo, dunque”, ha ribadito, troviamo “la via giusta”:
“È vero, Gesù non ha direttamente insegnato come inventarci possibilità lavorative: no, ma la sua parola non smette mai di essere attuale, concreta, viva, capace di toccare tutto l’uomo e tutti gli uomini. Oggi parla anche a noi: ci esorta a fare delle nostre idee, dei nostri progetti, della nostra voglia di fare e di creare una lieta notizia per il mondo”.
Prendersi cura dei giovani disoccupati, sono la carne di Cristo
“Il vostro lavoro – ha detto ancora – io l’ho molto a cuore, perché soffro quando vedo tanta gioventù senza lavoro, disoccupata”. Ed ha rammentato che in Italia, i giovani  fino a 25 anni soffrono quasi il 40% di disoccupazione. A volte, ha detto con un rammarico, un giovane disoccupato si ammala, “cade nelle dipendenze o si suicida”:
“Questi giovani sono la nostra carne, sono la carne di Cristo e per questo il nostro lavoro deve andare avanti per accompagnarli e soffrire in noi quella sofferenza nascosta, silenziosa che angoscia loro tanto il cuore. Vi assicuro la mia preghiera, vi sono vicino: contate su di me, per questo, perché questo mi tocca tanto”.

mercoledì 9 dicembre 2015

IL FUTURO DI PARTE DELLA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE ITALIANA? NELL'AGRICOLTURA

AGL: siamo pienamente d'accordo con l'autore di questo articolo e con il Prof. Ichino. Solo alcune precisazioni:

  1. ci sembra che sia venuto il momento, ormai che la frittata è fatta e gli altarini sono scoperti, che anche i Ministri Madia e Poletti dicano chiaro, perchè è questo che vuole il Paese (e a questo invece si oppongono i sindacati nemici del Governo) che per pubblici e privati debbano valere le stesse regole (e sarebbe grave se la riforma della PA andasse in direzioni diverse).Si operi quindi sulle norme esistenti per spazzare via questi dubbi.
  2. I rituali, continuati e noiosi piagnistei della FP-CGIL non commuovono nessuno. Ci mancherebbe altro che nella PA non venissero licenziati per giusta causa coloro che commettono reati. Il problema è che sarebbe ora che anche nel pubblico ci fossero i licenziamenti per gmo (giustificato motivo oggettivo). Che , in parole povere, è lo strumento per risolvere il problema che si crea quando un posto di lavoro non serve più o serve troppo poco (e non è questa la situazione addirittura di interi rami delle Pubbliche Amministrazioni?)
  3. E non è che se la sentenza della Cassazione è arrivata dopo due giorni dalla manifestazione per il contratto questa sia una rappresaglia del sistema. Come già da noi scritto, è la categoria, grazie a quei sindacati, che si è autocastrata da anni. Il blocco dei contratti è conseguenza di quel che pensa l'opinione pubblica dei pubblici dipendenti.
  4. Occhio però ai furbetti del posticino. Non è che ora che si sta per licenziare sul serio va fatta tornare di moda la ripubblicizzazione, che è cosa buona e giusta. E no, belli! Qui occorre una politica dei tre tempi. Prima ripuliamo la PA dai delinquenti e dai corrotti, poi la alleggeriamo dei fannulloni e degli inutili con licenziamenti mirati e poi, per non farla ri-pappare da CGIL,CISL, UIL, CONFSAL, UGL, ecc. la cambiamo, decontrattualizzandola e rilegificandola! Solo così certi giochetti finiranno una volta per tutte! E rilanceremmo l'attività agricola soprattutto al Meridione.




I dipendenti del pubblico impiego sono licenziabili come quelli del settore privato!


Il cosiddetto Jobs Act lascia aperti i dubbi di interpretazione sulla parità tra pubblico e privato e la Cassazione cerca di fare chiarezza sul tema. Seppure la sentenza faccia riferimento alla riforma Fornero del 2012 , la Cassazione ha ritenuto applicabile al riformato articolo 18, anche al pubblico impiego. Tale pronuncia apre ovviamente il capitolo dell’applicazione delle “tutele crescenti” anche al pubblico impiego e ciò proprio perché la riforma del lavoro di Renzi ha lasciato (volutamente?) dubbi di interpretazione. Con questa sentenza, che farà giurisprudenza, i licenziamenti nel pubblico impiego saranno finalmente parificati a quelli del settore privato. E’ una sentenza che contrariamente a quanto sostenuto dai Ministri Madia e Poletti, riguarda chiaramente il pubblico impiego.
La sentenza della Suprema Corte di Cassazione n. 24157 del 25 novembre 2015 ha stabilito, quindi, che l’art. 18 dello Statuto dei lavoratori, come modificato dalla legge Fornero, si applica anche ai dipendenti pubblici. I giudici della Cassazione hanno precisato che è innegabile che il nuovo testo dell’art. 18 legge come modificato dalla legge Fornero (art. 1 legge n. 92/2012,) trovi applicazione ratione temporis al licenziamento disciplinare per i dipendenti pubblici, eliminando molti dubbi interpretativi e avallando la tesi di chi, come il senatore Ichino, ha sempre sostenuto che la riforma dell’art. 18 si applicasse anche al pubblico impiego perché una norma speciale di esclusione non c’è mai stata. Ma i dubbi sul presente permangono, la sentenza non chiarisce affatto se il c.d. Jobs Act –  in realtà il decreto sul contratto a tutele crescenti – si estende anche ai dipendenti pubblici assunti dal 7 marzo in poi.  Ebbene, una precisazione è d’obbligo, il decreto sul contratto a tutele crescenti non modifica l’art. 18 dello Statuto dei lavoratori che resta com’è e dov’è.
Il decreto n. 23/2015 introduce nuove regole per gli assunti dal 7 marzo in poi, senza abrogare l’art. 18 dello Statuto e delimitando all’art. 1, il campo di applicazione delle nuove regole. Infatti, il contratto a tutele crescenti si applica a operai, impiegati e quadri, un sistema di classificazione del personale proprio del lavoro privato, che potrebbe mascherare l’intento del legislatore di escludere i dipendenti pubblici. L’art. 1, d. lgs. n. 23/2015 non contenendo alcuna esclusione e nella formulazione operata dal legislatore, giustifica i dubbi sull’estensione di tali regole anche ai lavoratori pubblici, dubbi che permangono anche alla luce della sentenza della Cassazione del 25 novembre 2015. In realtà,  i tempi sarebbero maturi per il superamento delle disparità tra dipendenti pubblici e privati e per l’applicazione delle stesse regole che valgono per i lavoratori privati anche per i lavoratori pubblici. Trovo curioso che si parli di discriminazione tra dipendenti privati quando si tratta delle tutele crescenti e si dimentica la più grande delle discriminazione: quella tra  lavoratori pubblici e privati.
07/12/2015

lunedì 7 dicembre 2015

LA DEPUTATA USA MICHELE FIORE (STATO DEL NEVADA) AUGURA BUON NATALE ASSIEME ALLA SUA FAMIGLIOLA

AGL: a parte la curiosità di sapere cosa accade in questa famiglia quando, ad esempio, il papà ritiene di dare un ceffone al figlio per tirarlo su come si deve, ci domandiamo: è così lontana questa foto dalla realtà italiana? E non alludiamo solo alla chiara origine italo-americana della bionda deputata. Anche se i benpensanti giudicheranno questa foto "orribile" , secondo voi, in Italia, ad esempio in Sicilia, Calabria, Puglia o Campania o anche a Roma (zona di Ostia) o anche in Lombardia, nelle zone ad altra penetrazione di mafia e 'ndrangheta, già non è così? Ossia, nelle famiglie più o meno allargate della malavita organizzata in Italia non è forse vero che ogni membro (nonni,genitori, zii, figli, nipoti, ecc.) ha la sua bell'arma? Quale è la differenza rispetto agli USA? Che lì averla è un diritto costituzionale e quindi è alla portata anche dei buoni e degli onesti. In Italia, invece, mentre il cattivo se la può procurare liberamente e farci quello che ritiene, per il buono e per l'onesto è quasi impossibile, vi sono mille ostacoli (e non è tanto un problema di leggi: sappiamo come la Magistratura italiana abbia la possibilità di applicare, se vuole, in maniera "evolutiva" le norme già esistenti) . In una società di massa non è possibile piazzare un poliziotto ad ogni angolo della strada o far scortare dai Carabinieri tutte le potenziali persone a rischio di divenire vittime del crimine, anche della cosiddetta microcriminalità.Sarebbe illiberale e costerebbe troppo e i risultati non sarebbero certi. Esistono stati civilissimi (gli USA ad esempio ma anche Israele) che hanno fatto altre scelte su cui è ora che si inizi a meditare.Le stragi di massa? Possono avvenire solo a fronte di una situazione in cui uno o più criminali armati abbiano come obbiettivo vicino una collettività di persone disarmate (ciò significa che anche negli USA debbono fare progressi) . L'arma, caro Signor Presidente Obama,  di per sè non è buona o cattiva. Dipende dalle intenzioni di  chi la impugna. Per intanto siamo sicuri che a quella famigliola nella foto nessuno si sognerà mai di andare a rubare in casa e che, in caso qualcuno di loro fosse vittima di qualche iniziativa terroristica, egli non solo avrebbe più probabilità di uscirne indenne ma sarebbe in grado anche di aiutare subito, prima dell'arrivo della Polizia (che va sempre chiamata e che è importante che sia sempre di più rafforzata, per la repressione e per la prevenzione) , molte altre persone disarmate a difendersi e a salvarsi la vita.

venerdì 4 dicembre 2015

AGL E' D'ACCORDO COL MOVIMENTO 5 STELLE: ABOLIRE EQUITALIA, SENZA "SE" E SENZA "MA"

                                                           On. Luigi Di Maio (M5S)

AGL: sosteniamo con tutto il cuore la battaglia del M5S per abolire Equitalia. Consigliamo vivamente di collegarsi a  https://it-it.facebook.com/abolirequitalia/  , Pagina ufficiale del Gruppo Parlamentare del Movimento Cinque Stelle per l'abolizione di Equitalia. 

INVITIAMO PERO' I CITTADINI VESSATI A EVITARE OGNI GESTO VIOLENTO NEI CONFRONTI DI AGENZIA DELLE ENTRATE E DI EQUITALIA. CONTRO QUESTE DEGENERAZIONI DELLO STATO DI DIRITTO PRIVE DI UMANITA' , INFATTI, E' NECESSARIO COSTRUIRE UNA GRANDE ALLEANZA CHE SI DOTI DI UNA STRATEGIA CHE PREVEDA COSA ACCADRA' "DOPO" PER EVITARE CHE DALLA CONFUSIONE SCATURISCA UNA SITUAZIONE PEGGIORE. QUESTE REALTA' SONO FATTE DI MIGLIAIA DI PICCOLI FUNZIONARI E MODESTI  ESATTORI (CHE SONO IN MEZZO A NOI) MODERATI CHE NON CONDIVIDONO LE IDEOLOGIE ABERRANTI E GLI INTERESSI INCOFFESSABILI DI CHI LI COMANDA E CHE VORREBBERO FARE SOLO IL LORO UMILE DOVERE. OCCORRE QUINDI SAPER DISTINGUERE TRA GLI UNI E GLI ALTRI.

Guardate ad esempio cosa è successo ieri (e quale escalation potrebbe scatenarsi) :
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Riceve una cartella esattoriale e distrugge la sede di Equitalia con un casco

L’episodio consumatosi stamane nel cosentino, ha portato all’arresto di un quarantenne incensurato che con un casco da motociclista ha devasto la sede di Equitalia a Corigliano.

CORIGLIANO CALABRO – Questa mattina a Corigliano Calabro i carabinieri della locale stazione hanno tratto in arresto un quarantenne del posto. L’uomo, sino ad oggi incensurato, è stato ammanettato con l’accusa di danneggiamento aggravato nei confronti dell’ente di riscossione crediti Equitalia. Una mattinata di ordinaria follia quella che a cui hanno assistito decine di persone presenti all’interno degli uffici. Il contribuente, esasperato, si è lasciato trascinare dall’ira e dalla rabbia distruggendo l’intera sede tra urla, paura e il fuggi fuggi generale dei clienti terrorizzati.
A scatenare la furia cieca dell’uomo, una multa salatissima con annesso fermo amministrativo del proprio mezzo. L ’uomo è arrivato stamattina presso gli uffici di Equitalia, in Via Delle Stampe, per chiedere spiegazioni e protestare per la multa ed il blocco del mezzo. Ma quando gli addetti allo sportello gli hanno fatto notare all’uomo i pregressi non pagati, che avrebbe dovuto comunque saldare quanto dovuto e che non avrebbero potuto fare nulla, l’uomo prima ha iniziato a inveire verso il personale. Poi, quasi improvvisamente, è andato in escandescenza iniziando a scagliare un casco da motociclista contro le parti della sede e le vetrate sia delle porte che degli uffici, mandandole in frantumi. Panico tra i dipendenti e le persone presenti, anche perché l’uomo sembrava una furia.  Avrebbe poi iniziato a prendere a calci le sedie e solo l’arrivo dei carabinieri, che hanno bloccato l’uomo portandolo in caserma, ha riportato la calma nel’ufficio, dove alcune persone, sotto shock e prese dalla paura, hanno avvertito un malore. Sul posto, infatti è arrivata anche l’ambulanza del 118 con il personale.
Non è la prima volta, purtroppo, che assistiamo a scene del genere nelle sedi di Equitalia di tutta Italia, dove le persone, esasperate dalla pioggia di cartelle esattoriale, si lasciano andare a gesti eclatanti, tra i quali molto spesso vi è anche il suicidio.

mercoledì 2 dicembre 2015

AGL: E' ARRIVATO IL MOMENTO DI SCARDINARE I DIRITTI ACQUISITI E DI EFFETTUARE IL RICALCOLO CONTRIBUTIVO DELLE PENSIONI

AGL: è giunta l'ora: il Governo tocchi le pensioni. Le pensioni erogate, sia quelle col sistema retributivo, che contributivo che misto, sono pagate dai contributi di chi oggi lavora.Ma rispetto al passato, quelli che lavorano oggi sono troppo pochi e non è giusto che giovani precari o lavoratori soggetti a frequenti interruzioni della contribuzione debbano pagare in maniera così onerosa la pensione a chi col vecchio sistema continuerà ad avere pensioni pari al 90 % di quanto prendeva con l'ultimo stipendio.Chi paga oggi andrà in pensione in età molto più avanzata e con un assegno che coprirà se va bene il 40-50% di quanto guadagnava fin quando lavorava.E' quindi ora di farla finita con questa colossale ingiustizia tra generazioni e di andare oltre l'attuale contributo di solidarietà. Occorre un ricalcolo contributivo per tutti rispettoso necessariamente di un principio di progressività.E ovviamente bisogna tagliare una volta per tutte i privilegi.E se il ricalcolo non fosse possibile farlo per il settore pubblico perchè lo Stato non pagava i contributi dei suoi dipendenti, meglio ancora: sarebbe l'occasione per una storica dimostrazione di attaccamento alla Patria da parte di chi per decenni l'ha servita. Invece dell'oro, stavolta si chiederebbe di restituire allo Stato una parte dell'assegno!
Pensate poi che bello sarebbe rifare una sanatoria globale degli immigrati come nel 2003, quale gigantesca iniezione di nuova contribuzione ciò provocherebbe.Ma la partita decisiva da giocare (è un vecchio cavallo di battaglia dell'AGL) è quella per lo smantellamento dei cosiddetti diritti acquisiti che sarebbe meglio ridenominare "ingiustizie consolidate". Siamo convinti che nella società c'è ormai una maggioranza favorevole a questo rivolgimento e, anche nella minoranza che ne gode, molti , per illuminazione o sensi di colpa, sarebbero favorevoli. Vediamo se tra i tanti candidati leader politici italiani qualcuno intende far propria questa battaglia decisiva.

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fonte: www.rainews.it

L'Ocse: "Bene le riforme, ma fare altri sforzi" Pensioni, Boeri: "Per i nati negli anni '80 assegni più bassi del 25% e dopo i 70 anni" Il presidente dell'inps presenta il rapporto Ocse "Pensions at a glance 2015" - 
02 dicembre 2015 Chi oggi ha 35 anni prenderà nell'intera vita pensionistica in media un importo complessivo di circa il 25% inferiore a quella della generazione precedente (i nati intorno al 1945) pur lavorando fino a circa 70 anni. La simulazione arriva dall'Inps sulla base di un campione di circa 5.000 lavoratori nati nel 1980. Lo ha detto il presidente dell'Inps, Tito Boeri presentanto il rapporto Ocse "Pensions at a glance 2015". Nati negli anni '80: assegni più bassi e in pensione più tardi Quando si analizzano gli importi di pensione - ha spiegato Boeri nel corso della presentazione del Rapporto Ocse 'Pensions at a Glance 2015' - ''bisogna tenere conto anche da quando questi assegni sono stati percepiti''. Se si guarda alla distribuzione per età alla decorrenza delle pensioni dirette del Fondo lavoratori dipendenti tre quarti sono state percepite prima dei 60 anni. Secondo le proiezioni Inps per i lavoratori classe 1980 solo il 38,67% la prenderà prima dell'età di vecchiaia, che per gli attuali 35enni significa nel 2050 a 70 anni di età. Sarà più basso quindi il trasferimento pensionistico complessivo (perchè percepito per meno anni), ma anche il tasso di sostituzione medio rispetto alla retribuzione che sarà intorno al 62%. ''Si lavorerà più a lungo - ha detto Boeri - anche in rapporto alla speranza di vita. Le pensioni saranno del 25% più basse di quelle di oggi tenendo conto degli anni di percezione'' e ci saranno, a fronte di una crescita del pil all'1% e di possibili interruzioni di carriera, ''problemi di adeguatezza'' dell'importo. Con il sistema contributivo inoltre, se non si metterà in campo uno strumento di sostegno contro la povertà come il reddito minimo, ci saranno ''problemi per chi perderà il lavoro sotto i 70 anni''. Il rapporto Ocse L'Italia ha fatto importanti riforme del sistema previdenziale in direzione dell'aumento dell'età di uscita dal lavoro e della riduzione della spesa futura ma perché il sistema sia finanziariamente sostenibile sono necessari "ulteriori sforzi negli anni a venire". Il rapporto Ocse "Pensions at a glance 2015" dà atto al nostro Paese di aver intrapreso un cammino virtuoso ma sottolinea che quanto fatto finora non basta. Il nostro Paese ha la spesa previdenziale più alta dopo la Grecia rispetto al Pil (15,7% nel 2013 a fronte dell'8,4% medio nell'Ocse) e contributi previdenziali sul lavoro dipendente rispetto alla retribuzione al 33%, percentuale top tra i Paesi Ocse. I pensionati attuali - emerge dal Rapporto - hanno tassi di sostituzione netta rispetto al salario medio, vicini all'80% a fronte del 63% medio dei paesi più sviluppati e assegni in media largamente superiori ai contributi versati. Con la riforma del 2011 - spiega l'Ocse - sono state adottate importanti misure per ridurre la generosità del sistema, in particolare attraverso l'aumento dell'età pensionabile e la sua perequazione tra uomini e donne ma l'invecchiamento della popolazione continuerà ad esercitare pressioni sul finanziamento del sistema''. L'Ocse sottolinea che la sentenza della Corte Costituzionale sulla mancata perequazione nel 2012-13 per le pensioni superiori a tre volte il minimo e i rimborsi decisi dal Governo ''avranno un impatto sostanziale sulla spesa pubblica''. Nel breve periodo vanno cercate risorse per ridurre al minimo l'impatto della sentenza mentre nel lungo periodo bisognerà stimolare la partecipazione dei lavoratori anziani al mercato del lavoro. Se infatti il tasso di occupazione degli over 55 in Italia è aumentato di 15 punti (dal 31% al 46%) negli ultimi 10 anni è anche vero che questo è ancora di molto inferiore alla media Ocse (57%). Boeri: "Anziani meno colpiti dalla crisi" "Gli anziani - secondo quanto ha spiegato il presidente Inps - sono stati colpiti dalla crisi economica in misura minore rispetto alle altre fasce di età. Oggi vivono in una situazione di povertà relativa il 9,3% degli over 65 contro il 12,6% medio della popolazione totale. Il rischio di povertà - sottolinea il Rapporto - si è trasferito dagli anziani ai giovani. il 15% delle persone tra i 18 e i 25 anni sono povere''. Sindacati: "No a nuova stretta" I sindacati ribadiscono il no a nuovi interventi di 'stretta' sul sistema previdenziale. ''La tenuta finanziaria del nostro sistema previdenziale - dice il segretario confederale Cgil Vera Lamonica - non è a rischio, di certo lo è l'entità delle prestazioni per ampie fasce della popolazione: basta riforme per fare cassa, si restituisca equità e solidarietà al sistema. "L'Italia - avverte il segretario confederale Cisl Maurizio Petriccioli - è il Paese che più di ogni altro, fra quelli dell'area Ocse, ha realizzato, negli ultimi 20 anni, interventi legislativi che hanno messo in sicurezza la sostenibilità finanziaria del sistema pensionistico, trascurandone semmai la sostenibilità sociale". Il rapporto Ocse - afferma il segretario confederale Uil Domenico Proietti - "continua a perseverare nell'errore di quantificare la spese per le pensioni al 15,7%, non tenendo conto che questo dato somma la spesa previdenziale con quella assistenziale". -

domenica 29 novembre 2015

Revival anni '80 . La Camusso ieri a Roma per guardarsi Ufo robot, avvolta da uno scialle lavato con Furlan, con un Barbagallo appollaiato sulla spalla (e 26 sigle sindacali intorno a farle da Puffi)

AGL: con la manifestazione di ieri confederali e autonomi hanno iniziato a seppellire definitivamente le speranze di aumento stipendiale dei lavoratori pubblici. Non potrà esserci sciopero (se non per gli attivisti sindacali rimborsati) per evidenti vuoti nelle tasche dei lavoratori. La Camusso se la prende con Poletti dicendogli che non sa come è fatto il lavoro. Senonchè, quello è uno che negli ultimi anni il lavoro prima con il movimento cooperativo ora con il Jobs Act lo ha creato, la Camusso e gli altri suoi compari sono stati capaci solo di accompagnare al camposanto lavoratori e aziende con il corteo funebre della Cassa Integrazione. Proprio loro, invece, hanno dimostrato di non capirci più niente di lavoro e di pubblico impiego in particolare. Sognano ancora infornate di massa di disoccupati sindacalizzati da parte dello Stato (come fece la legge 285 negli anni '70 che molti oggi leggono come il de profundis della pubblica amministrazione italiana) ma non capiscono che non ci sono più i soldi per farlo (col debito pubblico) i referenti politici (il PCI delle grandi intese) le giustificazioni operative (con l'informatizzazione gli investimenti vanno indirizzati nelle tecnologie, non nel capitale umano). Povero Poletti costretto a inviare messaggi così avanzati a queste melanzane! Dovrebbe sapere che per questi qui gli obiettivi da raggiungere non sono risultati a favore dei cittadini utenti ma, nella Pubblica Amministrazione, la scusa per grattare compensi incentivanti maggiori per i rappresentanti sindacali interni in sede di ripartizione di retribuzione accessoria. Da anni e anni. Di quale mondo del lavoro parla la Camusso (a proposito, dove lavorava prima di iniziare la carriera sindacale)? Come può utilizzare l'ora lavoro come parametro per settori tra loro più diversi? Vada magari a lezione da Barbagallo che dopo anni di docenza all'Università del Pesce di Palermo ha elaborato le linee della Rivoluzione Industriale 4.0. Ma si sbrighi, prima che Cina , India o la Nasa ce lo portino via a suon di milioni...E poi la Furlan, che si scandalizza per i bassi aumenti che si delineano. Una non comunista come lei dovrebbe salutare positivamente il fatto che a livello sindacale si siano accettate le leggi del libero mercato. Ma se da anni, con le vostre scelte scellerate avete condotto fuori mercato il lavoro pubblico, come fate a sorprendervi del fatto che nessuno (lo Stato, i Governi di ogni colore, gli elettori in grande maggioranza) sia disposto a tirar fuori un euro per finanziarlo?
Ecco l'amara verità: il lavoro pubblico, in Italia, così com'è (grazie soprattutto a voi sindacati confederali e autonomi) non serve a nulla. Tutti i governi, non potendo licenziare in massa, hanno bloccato le uniche due cose possibili: il turn-over e gli aumenti di stipendio. C'è chi ve lo dice e chi non ve lo dice. Chi lo fa di nascosto e chi palesemente per prendere voti.
Il cittadino, quando ne avrebbe bisogno, salta, aggira, elude la Pubblica Amministrazione. Perchè non solo non serve a nulla ma può pure danneggiare o rovinare la tua vita.
Ognuno si faccia un esame di coscienza e verifichi se ciò, nella propria vita, è risultato vero o falso.
Landini poi è uno spettacolo. E' l'unico che chiaramente ti indica come uscire dalla crisi. Lui è l'unico che si capisca, quando parla, che ti dia una soluzione.Quale? Quella in base alla quale occorre proprio fare diametralmente il contrario di quanto lui dice. Pertanto: dare priorità alla qualità e non alla quantità del lavoro, Dare la possibilità a chi vuole di lavorare di più , per quanti anni vuole e lasciare a casa, con un assegno sociale, quelli che non ne hanno voglia o rimanendo fanno solo danni (soprattutto nella pubblica amministrazione). Decontrattualizzare e rilegificare il rapporto di lavoro di tanti settori del pubblico impiego, diminuire l'importanza del contratto nazionale e capovolgere la gerarchia delle fonti contrattuali. Spazio a contratti aziendali perchè i tempi sono cambiati: gli analfabeti e i ruffiani ci sono ancora, ma non tra i lavoratori bensì solo tra i rappresentanti sindacali confederali e autonomi.
Infine tre questioni su cui i sindacati sono sempre in difficoltà: il precariato, gli aumenti alle forze dell'ordine e i licenziamenti degli assenteisti.
Nulla è cambiato nelle classiche posizioni perdenti dei sindacati. Che sia un valore positivo il poter cambiare lavoro nella vita frequentemente e che non si possa diventare tutti impiegati statali (per i quali la stabilità tra un po' non esisterà più) ai leader sindacali non vuole entrare nel cervello nemmeno col trapano. Aspettiamo il XXII secolo , a questo punto. Che aumenti di stipendio abbiano solo un valore simbolico (5, 7 , 80, 150 euro che siano) non lo si vuole dire perchè altrimenti crollerebbe tutto il teatrino. Perchè , riguardo alle forze dell'ordine, il cui mantenimento in periodi come questi presenta costi proibitivi, a nessuno dei sindacati è mai venuto in mente di superare il problema, rimettendo in discussione il monopolio statale della sicurezza? Ma intanto, quanti posti di lavoro produrrebbe un incremento della fabbricazione di armi da difesa liberamente acquistabili da ogni cittadino (cambiando le leggi esistenti) così come possibile in USA? La CISL, per esempio, oltre a riprodurre nella propria bandiera le strisce di quella americana potrebbe promuovere queste novità. Licenziamenti degli assenteisti. E' vero, già possibili con le norme esistenti, non applicate però proprio per la connivenza e lo scambio di favori fra dirigenza e sigle sindacali. Ma qui il problema è un altro: ci vorrebbero licenziamenti per esuberi, nel Pubblico Impiego che in Italia sono stati sempre tabù. Ecco, i Sindacati facciano un elenco delle pubbliche amministrazioni e delle relative funzioni che non servono a niente. Vuoi vedere che sarebbe recuperato il valore di mercato del posto pubblico e il cittadino vedrebbe nella PA qualcosa di utile, meritevole di essere premiato con onerosi aumenti stipendiali?
P.S.: ci stavamo dimenticando dei Puffi, ossia delle 26 sigle sindacali di contorno. Non preoccupatevi. A Natale, quando si fa l'albero, vengono tirate fuori, dagli scatoloni, palle e pallette, stelle e nastrini. Vedrete che dopo le Feste tornerete al vostro posto (anche in base agli accordi sulla rappresentanza che i confederali stanno firmando a tutto spiano con i datori di lavoro) ... Non era proprio Barbagallo che ai tempi dello sciopero della scuola si era lamentato dicendo: ci hanno chiamato a un incontro alla Funzione Pubblica, come organizzazioni rappresentative e mi sono trovato intorno decine di sigle sindacali. E mi sono (e ho) chiesto: e questi chi sono?....

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Fonte: www.repubblica.it

Pubblico impiego, Camusso: "Sciopero? Decideremo come proseguire mobilitazione"

In piazza oltre 30mila persone, secondo gli organizzatori, per chiedere lo sblocco dei contratti nella Pa. La leader Cgil: "Poletti vuole apparire cone Ufo robot". Barbagallo: "Contratto entro l'anno"
ROMA - "L'idea" che emerge è quella di un "ministro che non conosce com'è fatto il lavoro" e "vuole apparire come Ufo robot, per risolvere tutti i problemi. Ma le condizioni non vanno che peggiorando". Così la leader Cgil, Susanna Camusso, ha commentato, nel corso della manifestazione del pubblico impiego, le parole del ministro Giuliano Poletti, che ieri aveva detto di non utilizzare solo l'ora-lavoro come riferimento per i contratti. "L'idea che ha il ministro - ha sottolineato Camusso - è che non ci siano più delle regole per i diritti dei lavoratori. Il ministro non conosce com'è fatto il lavoro, il rapporto che c'è tra la fatica e il tempo dei lavori. Vorrei vederlo a tradurre ciò che ha detto nella concretezza del lavoro quotidiano delle persone. Forse - ha evidenziato Camusso - un ministro del Lavoro dovrebbe sapere di cosa parla".
Critico anche il segretario generale della Uil, Carmelo Barbagallo: "Il ministro del lavoro Poletti è entrato a gamba tesa sulla questione dei rinnovi contrattuali e questo non va bene. Io parlo da 6 mesi di rivoluzione industriale 4.0 e lui credo non sappia cosa sia. Se dobbiamo discutere seriamente - ha detto Barbagallo - noi siamo pronti, ma se pensano attraverso slogan giornalistici di fare un attacco ulteriore alla contrattazione per un neo liberismo selvaggio, hanno sbagliato tempo e modo". Poi, dal palco, ha aggiunto: "Se non si fa il contratto subito, entro l'anno, la prossima manifestazione non sarà né di sabato né di domenica".

"C'è voluta la Corte costituzionale per dire che il contratto è un diritto dei lavoratori, ma il governo fa finta di non sentire e offre 5 euro dopo sei anni, ma non c'è diginità in questo, si vergogni il governo",  ha detto il segretario generale della Cisl, Annmaria Furlan.

Di offesa nei confronti dei lavoratori parla il leader della Fiom, Maurizio Landini: "Sinceramente questa idea di superare l'orario di lavoro è un'offesa alle persone che invece, per quanto lavorano, sono retribuite troppo poco", ha detto commentando le parole del ministro del Lavoro. Per Landini il problema è che "l'orario di lavoro bisognerebbe ridurlo e redistribuirlo per aumentare l'occupazione": un'ipotesi però che appare lontana "in un paese in cui l'età di pensionamento è a 70 anni e l'orario di lavoro tra i più alti d'Europa". Metalmeccanici e lavoratori del pubblico impiego sono insieme in piazza oggi a Roma perché, spiega Landini, "il contratto è un diritto di tutti" anche se il governo "ha voglia di favorire al scomparsa del contratto nazionale". Cosa "inaccettabile perché resta uno strumento di tutela generale che invece va rafforzato, non indebolito o cancellato", conclude.


Più di trentamila in piazza. Il corteo dei lavoratori del pubblico impiego e della scuola per lo sblocco dei contratti nella Pa, circa 30 mila persone, secondo gli organizzatori, è partito da piazza della Repubblica a Roma. In testa, dietro lo striscione che è lo slogan della manifestazione 'Contratto subito', ci sono i leader di Cgil, Cisl e Uil, Susanna Camusso, Annamaria Furlan e Carmelo Barbagallo, insieme ai segretari generali delle diverse categorie oggi in piazza. Dopo sei anni di attesa e due rinnovi persi, i sindacati chiedono un contratto "vero" per gli oltre tre milioni di lavoratori pubblici e oggi hanno cercato di dar voce al disagio dei 700 mila addetti di terzo settore e privato sociale.

Poco ottimismo. Camusso ha sottolineato che "con queste cifre è evidente che non si riesce a fare un rinnovo del contratto. Ma intanto si apra prima la discussione e si vedrà di conseguenza che c'è bisogno di cambiare le cifre", ha detto, parlando del rinnovo del contratto del pubblico impiego. Non sembra esserci spazio per l'ottimismo sulle prossime mosse del governo che, secondo il numero uno del sindacato, si è presentato "come il governo della modernizzazione, invece siete il governo dell'unilateralità come il pupazzo Ercolino sempre in piedi che oscillava, ma poi tornava sempre allo stesso punto; faceva giocare i bambini. ma non fa andare avanti il Paese". E ha proseguito: "Dopo 7 anni di blocco non si può immaginare di dare 7 euro ai lavoratori. Dopodiché il tema non è rincorrere le cifre, ma la volontà del governo di non aprire al rinnovo dei contratti", ha detto ancora Camusso, rinviando a una decisione prossima l'ulteriore proseguimento della mobilitazione. A chi chiede se si programma uno sciopreo generale, Camusso ha risposto: "Decideremo sulla base delle risposte che riceveremo". Una cosa è certa, ha proseguito la leader dal palco: il sindacato non si fermerà. "Non ci fermeremo se non mettete risorse in legge di stabilità". Se si arriva "al 15 dicembre" e nulla cambia, allora, aggiunge "avete sbagliato i conti", ha detto ancra, sottolineando che è necessario smettere di fare propaganda: "Si è utilizzato il superamento del precariato per dividere i lavoratori". Quanto alle forze dell'ordine, per Camusso "i problemi non si risolvono con un bonus, ma serve il contratto".

Assenze e licenziamenti. Non bisogna puntare l'attenzione solo sugli assenteisti, ma anche sui dirigenti che non fanno rispettare le regole. Di questo è convinta la leader della Cgil: "Il ministro ha un chiodo fisso", ha risposto ai giornalisti che le hanno chiesto un commento alle dichiarazioni del ministro della Funzione Pubblica, Marianna Madia, sui licenziamenti dei lavoratori pubblici assenteisti. "Il ministro dovrebbe porsi la domanda di perché succedono cose di questo tipo e dove stavano dirigenti ed amministratori. Bisogna chiedersi - ha concluso - perché non applicano le regole che ci sono".
 

sabato 28 novembre 2015

PD E MOVIMENTO 5 STELLE, DOPO DUE ANNI, FANNO PROPRIO UN CAVALLO DI BATTAGLIA DELL'AGL, FIN DAL 2013: PREMI E GARANZIA DELL'IMMUNITA' AI DIPENDENTI PUBBLICI CHE DENUNCIANO IL MALAFFARE INTERNO

AGL: noi lo dicemmo e lo proponemmo sin dalla nostra (recente) nascita, in tanti articoli. Finalmente qualcuno ci ha ascoltato.E qui sarà interessante vedere cosa faranno i sindacati del Pubblico Impiego. Sicuramente avranno difficoltà ad avallare una norma che distrugge il castello di interessi sul quale hanno prosperato per decenni e in nome del quale hanno portato alla rovina economica i loro assistiti.

fonte: www.ilgiornale.it

Il fisco incoraggia i delatori: premi a chi denuncia i corrotti

Alla Camera la proposta di legge che invita i dipendenti pubblici a fare la spia sulle violazioni dei capi. Garantiti anonimato e bonus in denaro. Ed è allarme tra gli esperti


venerdì 27 novembre 2015

IL VANGELO SECONDO GIULIANO (CHE HA RAGIONE)

AGL: Bravo Ministro. Presa di posizione chiara e netta. Era ora che fosse detta la verità. Nulla a che vedere con Monti e la Fornero che avevano semplicemente insultato i giovani. Qui il Ministro indica una alternativa, un diverso criterio di giudizio. Anche la laurea non è indispensabile, non lo sono i bei voti. Conta ciò che uno sa e sa fare. Dovrebbero capirlo quei giovani del Meridione che ricevono un falso aiuto con voti superiori alle medie del nord Italia. Falso perchè può servire per superare i concorsi (ecco perchè la dirigenza pubblica è in gran parte meridionale) ma non per trovarsi bene, bensì frustrati nella vita (ed ecco uno dei motivi per i quali la PA italiana non funziona).L'ideale sarebbe abolire il valore legale del titolo di studio. Rendere elettive tante funzioni pubbliche e generalizzare lo Spoils-system. Significativo poi che tale punto di vista sia espresso da una persona proveniente da un'area culturale (la sinistra) che sui temi della scuola ha sempre sbagliato tutto. Forse è anche grazie a Poletti che la Scuola e l'Università italiana potranno emanciparsi: da assumifici e diplomifici, da pascoli per baroni e parentadi annessi a fattori di competitività e di messa in discussione di valori superati. E anche il Sud dovrebbe ringraziarlo.


 

Fonte: www.ansa.it

Poletti, 110 e lode a 28 anni non serve a un fico

Frase ministro scalda social. Finita idea lavoro in un posto solo

"Prendere 110 e lode a 28 anni non serve a un fico, è meglio prendere 97 a 21". Il ministro del lavoro Giuliano Poletti non ha usato perifrasi per dire come la pensa sui percorsi universitari dei giovani italiani. Incontrando gli studenti al salone 'Job&Orienta' della Fiera di Verona ha messo in chiaro che il mercato del lavoro non aspetta sempre chi si laurea a 30 anni.

E l'affermazione, che ha tra l'altro ricordato l'antipatico "choosy" (schizzinosi) con cui ministro Elsa Fornero aveva etichettato i ragazzi italiani, ha subito scatenato reazioni e polemiche sui social. "Lui aveva risolto così il problema: non s'è laureato" scrive qualcuno su Twitter. Ma c'e anche qualcun altro che ha difeso l'uscita a gamba tesa dell'ex presidente della Lega Coop - "È di moda insultare i potenti di turno, e spesso se lo meritano, ma penso che #Poletti abbia detto una cosa oggettivamente vera" dice un altro tweet. Perchè è meglio laurearsi con 97 a 21 anni? Perchè così, ha aggiunto Poletti, "un giovane dimostra che in tre anni ha bruciato tutto e voleva arrivare". "In Italia - ha sottolineato - abbiamo un problema gigantesco: è il tempo. I nostri giovani arrivano al mercato del lavoro in gravissimo ritardo. Quasi tutti quelli che incontro mi dicono che si trovano a competere con ragazzi di altre nazioni che hanno sei anni meno di loro e fare la gara con chi ha sei anni di tempo in più diventa durissimo". "Se si gira in tondo per prendere mezzo voto in più - ha insistito il ministro - si butta via del tempo che vale molto molto di più di quel mezzo voto. Noi in Italia abbiamo in testa il voto, non serve a niente". Il voto è importante solo perché fotografa un piccolo pezzo di quello che siamo; bisogna che rovesciamo radicalmente questo criterio, ci vuole un cambio di cultura".

martedì 26 maggio 2015

AGL: AFFAMARE LA BESTIA? NON BASTA.MEGLIO UN BEL BY-PASS GASTRICO PER FARLE PERMANENTEMENTE PERDERE PESO.DISTRIBUENDO I SUOI 3 MILIONI E TRECENTO MILA KG. IN GIRO PER LA NAZIONE, IN IMPIEGHI PIU' PRODUTTIVI.E PER FARLA TORNARE AL PESO DEI SUOI VENT'ANNI

Dal sito www.corriere.it

Il libro (e il bilancio) di Cottarelli

Diecimila sedi dello Stato
La spesa pubblica che ci soffoca

Inefficienze, enti che si moltiplicano e paradossi nel racconto del commissario alla revisione della spesa


«Ma se io avessi previsto tutto questo... forse farei lo stesso». La frase è nella pagina bianca che apre il saggio di Carlo Cottarelli La lista della spesa. La verità sulla spesa pubblica italiana e su come si può tagliare . Un viaggio nel ventre della Bestia che succhia le nostre risorse più preziose. La Bestia, è il messaggio dell’ex direttore del dipartimento finanza pubblica del Fondo monetario internazionale, chiamato nell’ottobre 2013 da Enrico Letta per prendere il posto di commissario alla spending review, già occupato da Enrico Bondi, non è invincibile. Certo, nemmeno per lui dev’essere stato facile affrontarla. Dire che c’era chi remava contro, per esempio, era un eufemismo. Basta dire che dei 17 gruppi di lavoro istituiti per 13 ministeri, oltre che Palazzo Chigi, Regioni, Province e Comuni, ai quali erano state chieste proposte di tagli, ben cinque non hanno mai completato il lavoro.
Della determinazione con cui Carlo Cottarelli ha affrontato per un anno e dieci giorni il compito di commissario alla revisione della spesa, dice tutto una strofa della canzone L’Avvelenata di Francesco Guccini: «Ma sei io avessi previsto tutto questo... forse farei lo stesso». La frase è nella pagina bianca che apre il saggio di Cottarelli in libreria da domani, pubblicato da Feltrinelli. Un libro, La lista della spesa. La verità sulla spesa pubblica italiana e su come si può tagliare , semplicemente sorprendente. Non ha sassolini da togliersi, l’ex commissario. Anche se un altro, dopo la freddezza con cui l’attuale governo ha accolto la fine della sua esperienza, l’avrebbe fatto eccome. Non lui.
Leggere il libro è come fare un viaggio nel ventre della «Bestia» che succhia le nostre risorse più preziose, ma condotti da una guida esperta che ne ha già esplorato le viscere. Così bene da sfatare anche le convinzioni più pessimistiche. La «Bestia», è il messaggio dell’ex direttore del dipartimento di Finanza pubblica del Fondo monetario internazionale chiamato nell’ottobre 2013 da Enrico Letta per prendere il posto di commissario alla spending review già occupato da Enrico Bondi, non è invincibile. Prima sorpresa...
Certo, nemmeno per lui dev’essere stato facile affrontarla. A cominciare dai fondamentali. Dire che c’era chi remava contro, per esempio, era un eufemismo. Basta dire che dei 17 gruppi di lavoro istituiti per 13 ministeri, oltre che Palazzo Chigi, Regioni, Province e Comuni, e ai quali erano state chieste proposte di tagli, ben cinque non hanno mai completato il lavoro.
C’entra forse la caduta del governo Letta, che probabilmente ha segnato anche il destino di Cottarelli. Forse. Ma di sicuro c’entra anche la reazione della pubblica amministrazione. E di quello che l’ex commissario chiama benevolmente il suo «complicato mosaico». Cottarelli racconta di averne scoperto le dimensioni grazie a una stima della Funzione pubblica. Da brivido.
Sapete quante erano alla fine del 2012 le sole sedi territoriali dei ministeri? Circa 5.700. Numero al quale si devono però aggiungere 3.900 uffici di enti vigilati dai ministeri. Per un totale di 9.600. Senza però che in quelle quasi 10 mila sedi del solo Stato centrale, per capirci una ogni 6.250 italiani, siano comprese le migliaia di caserme della polizia e dei carabinieri.
Il fatto è, spiega Cottarelli, che lo Stato delle Regioni è ancora organizzato sul modello delle 110 Province (abolite?) con i loro 117 capoluoghi. Il ministero dell’Economia, per esempio, ha 103 commissioni tributarie, 102 comandi della Guardia di Finanza, 97 uffici dell’Agenzia delle Entrate, 93 Ragionerie territoriali dello Stato, 83 uffici delle Dogane. La Giustizia, oltre a tribunali e procure, ha 109 archivi notarili. Il Lavoro, 109 direzioni. L’Istruzione, 104 uffici scolastici e 108 sedi del Consiglio nazionale delle ricerche. L’Interno, 106 prefetture e 103 Questure. Il Corpo forestale dello Stato, vigilato dall’Agricoltura, ha 98 comandi locali. Il ministero dei Beni culturali, 120 soprintendenze e archivi di Stato. Lo Sviluppo economico vigila sulle 105 Camere di commercio, che a loro volta hanno 103 Camere di conciliazione...
Le sovrapposizioni e le inefficienze sono incalcolabili. Basta pensare alle cinque forze di polizia, che occupano 320 mila persone: con un rapporto fra agenti in servizio e abitanti superiore a quasi tutti i Paesi europei, inferiore soltanto a Cipro, Macedonia, Turchia, Spagna, Croazia, Grecia e Serbia. Cinque apparati ognuno dipendente da un ministero diverso, per una spesa che nel 2014 ha toccato 21 miliardi. Cinque apparati, con cinque amministrazioni diverse, cinque burocrazie differenti, cinque gestioni indipendenti per acquisti, forniture, divise, manutenzioni. Cinque apparati, che stampano e diffondono cinque pubblicazioni...
Per non dire delle diseconomie allucinanti che un sistema pubblico così congegnato riflette negli acquisiti di beni e servizi. Ci sono 34 mila uffici che gestiscono ogni anno un milione 200 mila procedure: ciascun bando costa da 50 mila a 500 mila euro.
E poi gli enti pubblici. La «migliore ricognizione» che Cottarelli dice di aver trovato è un documento della Camera che ne elenca 198, ma solo per quelli nazionali. Una lista nella quale compaiono casi come quello dell’Aci, eletto dall’ex commissario a simbolo dell’assoluta necessità di un intervento radicale in questo campo.
La ragione è che l’Automobile club d’Italia gestisce il Pra con un compenso pagato dagli automobilisti nella misura di 190 milioni annui attraverso le spese di immatricolazione e cambio di proprietà dei veicoli. Peccato che il Pubblico registro automobilistico altro non contenga, definizione di Cottarelli, che un «sottoinsieme» delle informazioni dell’Archivio nazionale dei veicoli del ministero dei Trasporti. Nonostante questo, non si è ancora riusciti a unificare i due archivi: ed è la dimostrazione delle difficoltà che si incontrano ogni volta che si cerca di toccare un ente pubblico.
Per non parlare di un’altra fonte di sprechi e inefficienze. Apparati pubblici tanto numerosi e ramificati vorrebbero un’attenta gestione degli immobili, con una ristrutturazione radicale di spazi antiquati e costosi. Il Regno Unito l’ha fatto: ha speso 7 miliardi e mezzo di euro, ma ha ridotto gli immobili occupati del 45 per cento, gli spazi del 35 per cento e ha dimezzato i costi.
Noi, niente affatto. Gli edifici sono vecchi, gli spazi si sprecano. Eppure i costi «potrebbero essere enormemente ridotti con un’adeguata ristrutturazione degli edifici. Solo di affitto si spendono due miliardi l’anno...». Vero è, insiste l’ex commissario, che «anche senza ristrutturazione qualche risparmio non trascurabile si potrebbe ottenere con un po’ più di buona volontà e attenzione per le risorse pubbliche». Racconta Cottarelli di aver partecipato a una riunione al ministero dell’Agricoltura in una bella giornata romana di sole. I termosifoni ancora accesi andavano al massimo e faceva così caldo che si dovevano tenere le finestre spalancate. Quando l’ha fatto notare, gli hanno assicurato «che erano gli ultimi giorni di accensione...». E qui la Revisione della spesa si scontra con qualcosa di veramente duro. Le abitudini inveterate di un Paese nel quale, come ammoniva Tommaso Padoa-Schioppa, «il denaro di tutti è considerato il denaro di nessuno».
Per la cronaca, i diritti del libro di Cottarelli saranno devoluti all’Unicef .



giovedì 14 maggio 2015

IL VIDEO INTEGRALE DEL MESSAGGIO DEL PRESIDENTE RENZI SULLA SCUOLA

AGL: non è possibile, contemporaneamente, professare cultura e mandare i propri cervelli all'ammasso. A vantaggio di chi, poi? Di sindacalisti-pifferai che, in questi anni, hanno creato le liste dei precari per fare tessere sindacali in cambio di ricorsi al TAR agevolati.Sfruttando i sogni e le speranze di giovani laureati di un Sud tenuto nella miseria per fungere da serbatoio elettorale e di clientelismo sindacale, truffando soldi allo Stato con l'assenteismo e i trasferimenti, cercando di evitare l'insegnamento con la carriera e i distacchi sindacali. C'è ancora tempo (poco) per capire quali compagni di viaggio (politici e sindacali) conviene scegliersi. Poi sarebbe davvero preoccupante sapere che i nostri figli possano avere come guida persone così disorientate e ingenue. Allora davvero non potremmo più lamentarci della definitiva perdita di credibilità della scuola pubblica a vantaggio di quella privata con conseguenti futuri aggiustamenti della Costituzione. Perchè la scuola (come la Pubblica Amministrazione) è di tutti e non solo di coloro che arrivatici prima, vi hanno creato il proprio orticello o la propria bottega.

domenica 3 maggio 2015

SCIOPERO GENERALE SCUOLA 5 MAGGIO: VEDRETE CHE GLI SCHETTINI A CAPO DEI SINDACATI ITALIANI RIUSCIRANNO NELL'OBBIETTIVO DI FAR SALTARE L'ASSUNZIONE ANCHE DEI 100.000 PRECARI

L'ultima trovata di CGIL-CISL-UIL e degli autonomi: sciopero generale della scuola. Cosa otterranno i lavoratori?
Vediamo i precedenti grandi risultati in questi anni (specie dal 1993 in poi) dei sindacati confederali e dei loro “concorrenti” autonomi:

  • gli stipendi e i salari più bassi dell'Occidente capitalistico
  • pensioni da fame risultato delle riforme fatte da loro passare
  • il blocco ultra decennale dei contratti del pubblico impiego
  • uso stupido degli ammortizzatori sociali, col risultato di aver azzerato in Italia ogni ricollocazione , ogni mobilità da un posto all'altro, ogni risorsa per provare qualcosa di nuovo nel mondo del lavoro
  • aver convinto l'opinione pubblica che i risultati delle lotte degli anni settanta siano un danno per il Paese
  • incapacità a impedire gli scioperi selvaggi nei servizi pubblici
  • esclusione dei lavoratori dalla partecipazione agli utili d'impresa e dal coinvolgimento nelle politiche aziendali e industriali
  • mancanza in Italia di un reddito di cittadinanza che contrasti la povertà
  • avere fatto perdere alla scuola pubblica la sfida, di immagine e competitività, nei confronti della scuola privata e di quella religiosa

Oggi loro , responsabili nell'aver indirizzato anni fa decine di migliaia di ormai ex giovani, prevalentemente meridionali, verso la scuola e l'insegnamento, intesa come valvola di sfogo occupazionale e , attraverso la mitizzazione dell'intellettuale organico, come strumento di fallita egemonia culturale nella società italiana, si trovano a dover dare alla scuola le ultime risposte urgenti a loro disposizione, senza avere più ministri disposti a fare da sponda e con migliaia di stabili e precari che già di fatto si sono tramutati in “insegnanti-massa” e quindi, prima o poi, destinati a finire in bocca a movimenti populisti che propongano loro finte rivoluzioni.

L'UNICO RISULTATO CHE SI OTTERRA' CON LO SCIOPERO DEL 5 MAGGIO SARA' DI RENDERE DEFINITIVO L'ISOLAMENTO POLITICO DEGLI INSEGNANTI STABILI E DEI PRECARI. L'ALTERNATIVA E' DIALOGARE E COLLABORARE CON CHI NON HA RESPONSABILITA' PER I DISASTRI PASSATI E SI SFORZA DI PROPORRE QUALCOSA DI NUOVO PER LA SCUOLA, PER RENDERLA ALL'ALTEZZA DELLE SFIDE DI OGGI (E NON DI QUELLE DEGLI ANNI OTTANTA) . E DI MOLLARE QUEI SINDACATI CAPACI SOLO DI DIRE DEI NO E CHE, COME SCHETTINO, SOLO UNA COSA RIESCONO A FARE BENE: ORGANIZZARE SPETTACOLI (SCHETTINO SULLA NAVE, I SINDACATI IN PIAZZA SAN GIOVANNI) PRIMA CHE LA BARCA AFFONDI.

martedì 3 marzo 2015

IL BELLISSIMO DISCORSO DI PAPA FRANCESCO AI SOCI DI COOPERATIVE

Il Santo Padre non finisce mai di stupirci. Mai avevamo ascoltato un trattato così profondo e illuminante sul tema. Riportiamo qui il discorso nella sua versione integrale, affinchè in questo settore si cambi veramente strada e il Governo Renzi ne faccia proprio il programma. Solo una cosa vorremmo aggiungere, noi che di cooperazione ci occupiamo sin dalla nostra fondazione. E' ARRIVATO IL MOMENTO CHE, COSI' COME ACCADUTO PER I MAFIOSI, VENGANO SCOMUNICATI ANCHE QUEI "DIRIGENTI" DEL MINISTERO DEL LAVORO E DEL MINISTERO DELLO SVILUPPO ECONOMICO CHE NEGLI ULTIMI VENTI ANNI NE HANNO COMBINATE DI TUTTI I COLORI PER SMANTELLARE IL SISTEMA DI VIGILANZA PUBBLICO SULLE COOPERATIVE, PROCURANDO DANNI MORALI E MATERIALI A MIGLIAIA DI BRAVE PERSONE CHE HANNO FATTO AFFIDAMENTO SULLE COOPERATIVE E DANNI PER MILIARDI ALL'ERARIO CHE CI PIACEREBBE VENISSERO PRIMA O POI CALCOLATI DALLA CORTE DEI CONTI PER LA DEBITA OPERA DI RECUPERO, NON DIFFICILE, CONSIDERANDO PENSIONI D'ORO E VILLE HOLLYWOODIANE. QUESTI SIGNORI HANNO DISTRUTTO LA CREDIBILITA' DI QUELLA FUNZIONE STATALE TANTO CHE NESSUNO OGGI OSEREBBE METTERE IN DUBBIO LA RAGIONEVOLEZZA DI UNA RIDUZIONE DI RISORSE AD ESSA DESTINATE DETTATA DA ALTRE PRIORITA'. NONOSTANTE QUESTO SABOTAGGIO DI STATO, I SALVATORI DEI VALORI COOPERATIVI SONO STATI GUARDIA DI FINANZA, CARABINIERI E MAGISTRATURA AI QUALI RIVOLGIAMO UN CALOROSO RINGRAZIAMENTO, ANCHE A NOME DEI LAVORATORI DELLE COOPERATIVE.



dal sito www.avvenire.it

Fratelli e sorelle, buongiorno! Quest’ultima [si riferisce al coro] è stata la "cooperativa" più melodiosa! Complimenti! Grazie per questo incontro con voi e con la realtà che voi rappresentate, quella della cooperazione. Le cooperative sfidano tutto, sfidano anche la matematica, perché in cooperativa uno più uno fa tre! E in cooperativa, un fallimento è mezzo fallimento. Questo è il bello delle cooperative! Voi siete innanzitutto la memoria viva di un grande tesoro della Chiesa italiana. Infatti, sappiamo che all’origine del movimento cooperativistico italiano, molte cooperative agricole e di credito, già nell’Ottocento, furono saggiamente fondate e promosse da sacerdoti e da parroci. Tuttora, in diverse diocesi italiane, si ricorre ancora alla cooperazione come rimedio efficace al problema della disoccupazione e alle diverse forme di disagio sociale. Oggi è una regola, non dico normale, abituale… ma tanto spesso si vede: "Tu cerchi lavoro? Vieni, vieni in questa ditta". 11 ore, 10 ore di lavoro, 600 euro. "Ti piace? No? Vattene a casa". Che fare in questo mondo che funziona così? Perché c’è la coda, la fila di gente che cerca lavoro: se a te non piace, a quell’altro piacerà. E’ la fame, la fame ci fa accettare quello che ci danno, il lavoro in nero... Io potrei chiedere, per fare un esempio, sul personale domestico: quanti uomini e donne che lavorano nel personale domestico hanno il risparmio sociale per la pensione? Tutto questo è assai noto. La Chiesa ha sempre riconosciuto, apprezzato e incoraggiato l’esperienza cooperativa. Lo leggiamo nei documenti del Magistero. Ricordiamo il grido lanciato nel 1891, con la Rerum Novarum, da Papa Leone XIII: "tutti proprietari e non tutti proletari". E vi sono certamente note anche le pagine dell’Enciclica Caritas in Veritate, dove Benedetto XVI si esprime a favore della cooperazione nel credito e nel consumo (cfr nn. 65-66), sottolineando l’importanza dell’economia di comunione e del settore non profit (cfr n. 41), per affermare che il dio-profitto non è affatto una divinità, ma è solo una bussola e un metro di valutazione dell’attività imprenditoriale. Ci ha spiegato, sempre Papa Benedetto, come il nostro mondo abbia bisogno di un’economia del dono (cfr nn. 34-39), cioè di un’economia capace di dar vita a imprese ispirate al principio della solidarietà e capaci di "creare socialità". Risuona, quindi, attraverso di voi, l’esclamazione che Leone XIII pronunciò, benedicendo gli inizi del movimento cooperativo cattolico italiano, quando disse che, per fare questo, «il Cristianesimo ha ricchezza di forza meravigliosa» (Enc. Rerum novarum, 15). Queste, e molte altre affermazioni di riconoscimento e di incoraggiamento rivolte ai cooperatori da parte della Chiesa sono valide e attuali. Penso anche allo straordinario magistero sociale del beato Paolo VI. Tali affermazioni le possiamo confermare e rafforzare. Non è necessario perciò ripeterle o richiamarle per esteso. Oggi, vorrei che il nostro dialogo non guardi solo al passato, ma si rivolga soprattutto in avanti: alle nuove prospettive, alle nuove responsabilità, alle nuove forme di iniziativa delle imprese cooperative. E’ una vera missione che ci chiede fantasia creativa per trovare forme, metodi, atteggiamenti e strumenti, per combattere la "cultura dello scarto", quella che oggi viviamo, la "cultura dello scarto" coltivata dai poteri che reggono le politiche economico-finanziarie del mondo globalizzato, dove al centro c’è il dio denaro. Globalizzare la solidarietà - questo si deve globalizzare, la solidarietà! - oggi significa pensare all’aumento vertiginoso dei disoccupati, alle lacrime incessanti dei poveri, alla necessità di riprendere uno sviluppo che sia un vero progresso integrale della persona che ha bisogno certamente di reddito, ma non soltanto del reddito! Pensiamo ai bisogni della salute, che i sistemi di welfare tradizionale non riescono più a soddisfare; alle esigenze pressanti della solidarietà, ponendo di nuovo, al centro dell’economia mondiale, la dignità della persona umana, come è stato detto da voi. Come direbbe ancora oggi il Papa Leone XIII: per globalizzare la solidarietà "il Cristianesimo ha ricchezza di forza meravigliosa!". Quindi non fermatevi a guardare soltanto quello che avete saputo realizzare. Continuate a perfezionare, a rafforzare e ad aggiornare le buone e solide realtà che avete già costruito. Però abbiate anche il coraggio di uscire da esse, carichi di esperienza e di buoni metodi, per portare la cooperazione sulle nuove frontiere del cambiamento, fino alle periferie esistenziali dove la speranza ha bisogno di emergere e dove, purtroppo, il sistema socio-politico attuale sembra invece fatalmente destinato a soffocare la speranza, a rubare la speranza, incrementando rischi e minacce. Questo grande balzo in avanti che ci proponiamo di far compiere alla cooperazione, vi darà conferma che tutto quello che già avete fatto non solo è positivo e vitale, ma continua anche ad essere profetico. Per questo dovete continuare a inventare - questa è la parola: inventare - nuove forme di cooperazione, perché anche per le cooperative vale il monito: quando l’albero mette nuovi rami, le radici sono vive e il tronco è forte! Qui, oggi, voi rappresentate valide esperienze in molteplici settori: dalla valorizzazione dell’agricoltura, alla promozione dell’edilizia di nuove case per chi non ha casa, dalle cooperative sociali fino al credito cooperativo, qui largamente rappresentato, dalla pesca all’industria, alle imprese, alle comunità, al consumo, alla distribuzione e a molti altri tipi di servizio. So bene che questo elenco è incompleto, ma è abbastanza utile per comprendere quanto sia prezioso il metodo cooperativo, che deve andare avanti, creativo. Si è rivelato tale di fronte a molte sfide. E lo sarà ancora! Ogni apprezzamento e ogni incoraggiamento rischiano però di rimanere generici. Voglio offrirvi, invece, alcuni incoraggiamenti concreti. Il primo è questo: le cooperative devono continuare ad essere il motore che solleva e sviluppa la parte più debole delle nostre comunità locali e della società civile. Di questo non è capace il sentimento. Per questo occorre mettere al primo posto la fondazione di nuove imprese cooperative, insieme allo sviluppo ulteriore di quelle esistenti, in modo da creare soprattutto nuove possibilità di lavoro che oggi non ci sono. Il pensiero corre innanzitutto ai giovani, perché sappiamo che la disoccupazione giovanile, drammaticamente elevata – pensiamo, in alcuni Paesi d’Europa, il 40, 50 per cento – distrugge in loro la speranza. Ma pensiamo anche alle tante donne che hanno bisogno e volontà di inserirsi nel mondo del lavoro. Non trascuriamo gli adulti che spesso rimangono prematuramente senza lavoro. "Tu che cosa sei?" - "Sono ingegnere" – "Ah, che bello, che bello. Quanti anni ha?" – "49"- "Non serve, vattene". Questo accade tutti i giorni. Oltre alle nuove imprese, guardiamo anche alle aziende che sono in difficoltà, a quelle che ai vecchi padroni conviene lasciar morire e che invece possono rivivere con le iniziative che voi chiamate "Workers buy out", "empresas recuperadas", nella mia lingua, aziende salvate. E io, come ho detto ai loro rappresentanti, sono un tifoso delle empresas recuperadas! Un secondo incoraggiamento - non per importanza - è quello di attivarvi come protagonisti per realizzare nuove soluzioni di Welfare, in particolare nel campo della sanità, un campo delicato dove tanta gente povera non trova più risposte adeguate ai propri bisogni. Conosco che cosa fate da anni con cuore e con passione, nelle periferie delle città e della nostra società, per le famiglie, i bambini, gli anziani, i malati e le persone svantaggiate e in difficoltà per ragioni diverse, portando nelle case cuore e assistenza. La carità è un dono! Non è un semplice gesto per tranquillizzare il cuore, è un dono! Io quando faccio la carità dono me stesso! Se non sono capace di donarmi quella non è carità. Un dono senza il quale non si può entrare nella casa di chi soffre. Nel linguaggio della dottrina sociale della Chiesa questo significa fare leva sulla sussidiarietà con forza e coerenza: significa mettere insieme le forze! Come sarebbe bello se, partendo da Roma, tra le cooperative, alle parrocchie e agli ospedali, penso al "Bambin Gesù" in particolare, potesse nascere una rete efficace di assistenza e di solidarietà. E la gente, a partire dai più bisognosi, venisse posta al centro di tutto questo movimento solidale: la gente al centro, i più bisognosi al centro. Questa è la missione che ci proponiamo! A voi sta il compito di inventare soluzioni pratiche, di far funzionare questa rete nelle situazioni concrete delle vostre comunità locali, partendo proprio dalla vostra storia, con il vostro patrimonio di conoscenze per coniugare l’essere impresa e allo stesso tempo non dimenticare che al centro di tutto c’è la persona. Tanto avete fatto, e ancora tanto c’è da fare! Andiamo avanti! Il terzo incoraggiamento riguarda l’economia, il suo rapporto con la giustizia sociale, con la dignità e il valore delle persone. E’ noto che un certo liberismo crede che sia necessario prima produrre ricchezza, e non importa come, per poi promuovere qualche politica redistributiva da parte dello Stato. Prima riempire il bicchiere e poi dare agli altri. Altri pensano che sia la stessa impresa a dover elargire le briciole della ricchezza accumulata, assolvendo così alla propria cosiddetta "responsabilità sociale". Si corre il rischio di illudersi di fare del bene mentre, purtroppo, si continua soltanto a fare marketing, senza uscire dal circuito fatale dell’egoismo delle persone e delle aziende che hanno al centro il dio denaro. Invece noi sappiamo che realizzando una qualità nuova di economia, si crea la capacità di far crescere le persone in tutte le loro potenzialità. Ad esempio: il socio della cooperativa non deve essere solo un fornitore, un lavoratore, un utente ben trattato, dev’essere sempre il protagonista, deve crescere, attraverso la cooperativa, crescere come persona, socialmente e professionalmente, nella responsabilità, nel concretizzare la speranza, nel fare insieme. Non dico che non si debba crescere nel reddito, ma ciò non basta: occorre che l’impresa gestita dalla cooperativa cresca davvero in modo cooperativo, cioè coinvolgendo tutti. Uno più uno tre! Questa è la logica. "Cooperari", nell’etimologia latina, significa operare insieme, cooperare, e quindi lavorare, aiutare, contribuire a raggiungere un fine. Non accontentatevi mai della parola "cooperativa" senza avere la consapevolezza della vera sostanza e dell’anima della cooperazione. Il quarto suggerimento è questo: se ci guardiamo attorno non accade mai che l’economia si rinnovi in una società che invecchia, invece di crescere. Il movimento cooperativo può esercitare un ruolo importante per sostenere, facilitare e anche incoraggiare la vita delle famiglie. Realizzare la conciliazione, o forse meglio l’armonizzazione tra lavoro e famiglia, è un compito che avete già avviato e che dovete realizzare sempre di più. Fare questo significa anche aiutare le donne a realizzarsi pienamente nella propria vocazione e nel mettere a frutto i propri talenti. Donne libere di essere sempre più protagoniste, sia nelle imprese sia nelle famiglie! So bene che le cooperative propongono già tanti servizi e tante formule organizzative, come quella mutualistica, che vanno incontro alle esigenze di tutti, dei bambini e degli anziani in particolare, dagli asili nido fino all’assistenza domiciliare. Questo è il nostro modo di gestire i beni comuni, quei beni che non devono essere solo la proprietà di pochi e non devono perseguire scopi speculativi. Il quinto incoraggiamento forse vi sorprenderà! Per fare tutte queste cose ci vuole denaro! Le cooperative in genere non sono state fondate da grandi capitalisti, anzi si dice spesso che esse siano strutturalmente sottocapitalizzate. Invece, il Papa vi dice: dovete investire, e dovete investire bene! In Italia certamente, ma non solo, è difficile ottenere denaro pubblico per colmare la scarsità delle risorse. La soluzione che vi propongo è questa: mettete insieme con determinazione i mezzi buoni per realizzare opere buone. Collaborate di più tra cooperative bancarie e imprese, organizzate le risorse per far vivere con dignità e serenità le famiglie; pagate giusti salari ai lavoratori, investendo soprattutto per le iniziative che siano veramente necessarie. Non è facile parlare di denaro. Diceva Basilio di Cesarea, Padre della Chiesa del IV secolo, ripreso poi da san Francesco d’Assisi, che "il denaro è lo sterco del diavolo". Lo ripete ora anche il Papa: "il denaro è lo sterco del diavolo"! Quando il denaro diventa un idolo, comanda le scelte dell’uomo. E allora rovina l’uomo e lo condanna. Lo rende un servo. Il denaro a servizio della vita può essere gestito nel modo giusto dalla cooperativa, se però è una cooperativa autentica, vera, dove non comanda il capitale sugli uomini ma gli uomini sul capitale. Per questo vi dico che fate bene – e vi dico anche di farlo sempre più – a contrastare e combattere le false cooperative, quelle che prostituiscono il proprio nome di cooperativa, cioè di una realtà assai buona, per ingannare la gente con scopi di lucro contrari a quelli della vera e autentica cooperazione. Fate bene, vi dico, perché, nel campo in cui operate, assumere una facciata onorata e perseguire invece finalità disonorevoli e immorali, spesso rivolte allo sfruttamento del lavoro, oppure alle manipolazioni di mercato, e persino a scandalosi traffici di corruzione, è una vergognosa e gravissima menzogna che non si può assolutamente accettare. Lottate contro questo! Ma come lottare? Con le parole, solo? Con le idee? Lottate con la cooperazione giusta, quella vera, quella che sempre vince. L’economia cooperativa, se è autentica, se vuole svolgere una funzione sociale forte, se vuole essere protagonista del futuro di una nazione e di ciascuna comunità locale, deve perseguire finalità trasparenti e limpide. Deve promuovere l’economia dell’onestà! Un’economia risanatrice nel mare insidioso dell’economia globale. Una vera economia promossa da persone che hanno nel cuore e nella mente soltanto il bene comune. Le cooperative hanno una tradizione internazionale forte. Anche in questo siete stati dei veri pionieri! Le vostre associazioni internazionali sono nate con grande anticipo su quelle che le altre imprese hanno creato in tempi molto successivi. Ora c’è la nuova grande globalizzazione, che riduce alcuni squilibri ma ne crea molti altri. Il movimento cooperativo, pertanto, non può rimanere estraneo alla globalizzazione economica e sociale, i cui effetti arrivano in ogni paese, e persino dentro le nostre case. Ma le cooperative partecipano alla globalizzazione come le altre imprese? Esiste un modo originale che permetta alle cooperative di affrontare le nuove sfide del mercato globale? Come possono le cooperative partecipare allo sviluppo della cooperazione salvaguardando i principi della solidarietà e della giustizia? Lo dico a voi per dirlo a tutte le cooperative del mondo: le cooperative non possono rimanere chiuse in casa, ma nemmeno uscire di casa come se non fossero cooperative. E’ questo il duplice principio: non possono rimanere chiusi in casa ma nemmeno uscire di casa come se non fossero cooperative. No, non si può pensare una cooperativa a doppia faccia. Occorre avere il coraggio e la fantasia di costruire la strada giusta per integrare, nel mondo, lo sviluppo, la giustizia e la pace. Infine, non lasciate che viva solo nella memoria la collaborazione del movimento cooperativo con le vostre parrocchie e con le vostre diocesi. Le forme della collaborazione devono essere diverse, rispetto a quelle delle origini, ma il cammino deve essere sempre lo stesso! Dove ci sono le vecchie e nuove periferie esistenziali, dove ci sono persone svantaggiate, dove ci sono persone sole e scartate, dove ci sono persone non rispettate, tendete loro la mano! Collaborate tra di voi, nel rispetto dell’identità vocazionale di ognuno, tenendovi per mano! So che da alcuni anni voi state collaborando con altre associazioni cooperativistiche – anche se non legate alla nostra storia e alle nostre tradizioni – per creare un’Alleanza delle cooperative e dei cooperatori italiani. Per ora è un’Alleanza in divenire, ma voi confidate di giungere ad una Associazione unica, ad un’Alleanza sempre più vasta fra cooperatori e cooperative. Il movimento cooperativo italiano ha una grande tradizione, rispettata nel mondo cooperativistico internazionale. La missione cooperativa in Italia è stata molto legata fin dalle origini alle identità, ai valori e alle forze sociali presenti nel paese. Questa identità, per favore, rispettatela! Tuttavia, spesso le scelte che distinguevano e dividevano sono state a lungo più forti delle scelte che, invece, accomunavano e univano gli sforzi di tutti. Ora voi pensate di poter mettere al primo posto ciò che invece vi unisce. E proprio intorno a quello che vi unisce, che è la parte più autentica, più profonda e più vitale delle cooperative italiane, volete costruire la vostra nuova forma associativa. Fate bene a progettare così, e così fate un passo avanti! Certo, vi sono cooperative cattoliche e cooperative non cattoliche. Ma la fede si salva rimanendo chiusi in se stessi? Domando: la fede si salva rimanendo chiusi in se stessi? Rimanendo solo tra di noi? Vivete la vostra Alleanza da cristiani, come risposta alla vostra fede e alla vostra identità senza paura! Fede e identità sono la base. Andate avanti, dunque, e camminate insieme con tutte le persone di buona volontà! E questa anche è una chiamata cristiana, una chiamata cristiana a tutti. I valori cristiani non sono soltanto per noi, sono per condividerli! E condividerli con gli altri, con quelli che non pensano come noi ma vogliono le stesse cose che noi vogliamo. Andate avanti, coraggio! Siate creatori, "poeti", avanti!