Il Santo Padre non finisce mai di stupirci. Mai avevamo ascoltato un
trattato così profondo e illuminante sul tema. Riportiamo qui il
discorso nella sua versione integrale, affinchè in questo settore si
cambi veramente strada e il Governo Renzi ne faccia proprio il
programma. Solo una cosa vorremmo aggiungere, noi che di cooperazione ci
occupiamo sin dalla nostra fondazione. E'
ARRIVATO IL MOMENTO CHE, COSI' COME ACCADUTO PER I MAFIOSI, VENGANO
SCOMUNICATI ANCHE QUEI "DIRIGENTI" DEL MINISTERO DEL LAVORO E DEL
MINISTERO DELLO SVILUPPO ECONOMICO CHE NEGLI ULTIMI VENTI ANNI NE HANNO
COMBINATE DI TUTTI I COLORI PER SMANTELLARE IL SISTEMA DI VIGILANZA
PUBBLICO SULLE COOPERATIVE, PROCURANDO DANNI MORALI E MATERIALI A
MIGLIAIA DI BRAVE PERSONE CHE HANNO FATTO AFFIDAMENTO SULLE COOPERATIVE E
DANNI PER MILIARDI ALL'ERARIO CHE CI PIACEREBBE VENISSERO PRIMA O POI
CALCOLATI DALLA CORTE DEI CONTI PER LA DEBITA OPERA DI RECUPERO, NON
DIFFICILE, CONSIDERANDO PENSIONI D'ORO E VILLE HOLLYWOODIANE. QUESTI
SIGNORI HANNO DISTRUTTO LA CREDIBILITA' DI QUELLA FUNZIONE STATALE TANTO
CHE NESSUNO OGGI OSEREBBE METTERE IN DUBBIO LA RAGIONEVOLEZZA DI UNA
RIDUZIONE DI RISORSE AD ESSA DESTINATE DETTATA DA ALTRE PRIORITA'.
NONOSTANTE QUESTO SABOTAGGIO DI STATO, I SALVATORI DEI VALORI
COOPERATIVI SONO STATI GUARDIA DI FINANZA, CARABINIERI E MAGISTRATURA AI
QUALI RIVOLGIAMO UN CALOROSO RINGRAZIAMENTO, ANCHE A NOME DEI
LAVORATORI DELLE COOPERATIVE.
dal sito www.avvenire.it
Fratelli e sorelle, buongiorno!
Quest’ultima [si riferisce al coro] è stata la "cooperativa" più
melodiosa! Complimenti!
Grazie per questo incontro con voi e con la realtà che voi
rappresentate, quella della cooperazione. Le cooperative sfidano tutto,
sfidano anche la matematica, perché in cooperativa uno più uno fa tre! E
in cooperativa, un fallimento è mezzo fallimento. Questo è il bello
delle cooperative!
Voi siete innanzitutto la memoria viva di un grande tesoro della Chiesa
italiana. Infatti, sappiamo che all’origine del movimento
cooperativistico italiano, molte cooperative agricole e di credito, già
nell’Ottocento, furono saggiamente fondate e promosse da sacerdoti e da
parroci. Tuttora, in diverse diocesi italiane, si ricorre ancora alla
cooperazione come rimedio efficace al problema della disoccupazione e
alle diverse forme di disagio sociale. Oggi è una regola, non dico
normale, abituale… ma tanto spesso si vede: "Tu cerchi lavoro? Vieni,
vieni in questa ditta". 11 ore, 10 ore di lavoro, 600 euro. "Ti piace?
No? Vattene a casa". Che fare in questo mondo che funziona così? Perché
c’è la coda, la fila di gente che cerca lavoro: se a te non piace, a
quell’altro piacerà. E’ la fame, la fame ci fa accettare quello che ci
danno, il lavoro in nero... Io potrei chiedere, per fare un esempio, sul
personale domestico: quanti uomini e donne che lavorano nel personale
domestico hanno il risparmio sociale per la pensione?
Tutto questo è assai noto. La Chiesa ha sempre riconosciuto, apprezzato e
incoraggiato l’esperienza cooperativa. Lo leggiamo nei documenti del
Magistero. Ricordiamo il grido lanciato nel 1891, con la Rerum Novarum,
da Papa Leone XIII: "tutti proprietari e non tutti proletari". E vi sono
certamente note anche le pagine dell’Enciclica Caritas in Veritate,
dove Benedetto XVI si esprime a favore della cooperazione nel credito e
nel consumo (cfr nn. 65-66), sottolineando l’importanza dell’economia di
comunione e del settore non profit (cfr n. 41), per affermare che il
dio-profitto non è affatto una divinità, ma è solo una bussola e un
metro di valutazione dell’attività imprenditoriale. Ci ha spiegato,
sempre Papa Benedetto, come il nostro mondo abbia bisogno di un’economia
del dono (cfr nn. 34-39), cioè di un’economia capace di dar vita a
imprese ispirate al principio della solidarietà e capaci di "creare
socialità". Risuona, quindi, attraverso di voi, l’esclamazione che Leone
XIII pronunciò, benedicendo gli inizi del movimento cooperativo
cattolico italiano, quando disse che, per fare questo, «il Cristianesimo
ha ricchezza di forza meravigliosa» (Enc. Rerum novarum, 15).
Queste, e molte altre affermazioni di riconoscimento e di
incoraggiamento rivolte ai cooperatori da parte della Chiesa sono valide
e attuali. Penso anche allo straordinario magistero sociale del beato
Paolo VI. Tali affermazioni le possiamo confermare e rafforzare. Non è
necessario perciò ripeterle o richiamarle per esteso.
Oggi, vorrei che il nostro dialogo non guardi solo al passato, ma si
rivolga soprattutto in avanti: alle nuove prospettive, alle nuove
responsabilità, alle nuove forme di iniziativa delle imprese
cooperative. E’ una vera missione che ci chiede fantasia creativa per
trovare forme, metodi, atteggiamenti e strumenti, per combattere la
"cultura dello scarto", quella che oggi viviamo, la "cultura dello
scarto" coltivata dai poteri che reggono le politiche
economico-finanziarie del mondo globalizzato, dove al centro c’è il dio
denaro.
Globalizzare la solidarietà - questo si deve globalizzare, la
solidarietà! - oggi significa pensare all’aumento vertiginoso dei
disoccupati, alle lacrime incessanti dei poveri, alla necessità di
riprendere uno sviluppo che sia un vero progresso integrale della
persona che ha bisogno certamente di reddito, ma non soltanto del
reddito! Pensiamo ai bisogni della salute, che i sistemi di welfare
tradizionale non riescono più a soddisfare; alle esigenze pressanti
della solidarietà, ponendo di nuovo, al centro dell’economia mondiale,
la dignità della persona umana, come è stato detto da voi. Come direbbe
ancora oggi il Papa Leone XIII: per globalizzare la solidarietà "il
Cristianesimo ha ricchezza di forza meravigliosa!".
Quindi non fermatevi a guardare soltanto quello che avete saputo
realizzare. Continuate a perfezionare, a rafforzare e ad aggiornare le
buone e solide realtà che avete già costruito. Però abbiate anche il
coraggio di uscire da esse, carichi di esperienza e di buoni metodi, per
portare la cooperazione sulle nuove frontiere del cambiamento, fino
alle periferie esistenziali dove la speranza ha bisogno di emergere e
dove, purtroppo, il sistema socio-politico attuale sembra invece
fatalmente destinato a soffocare la speranza, a rubare la speranza,
incrementando rischi e minacce.
Questo grande balzo in avanti che ci proponiamo di far compiere alla
cooperazione, vi darà conferma che tutto quello che già avete fatto non
solo è positivo e vitale, ma continua anche ad essere profetico. Per
questo dovete continuare a inventare - questa è la parola: inventare -
nuove forme di cooperazione, perché anche per le cooperative vale il
monito: quando l’albero mette nuovi rami, le radici sono vive e il
tronco è forte!
Qui, oggi, voi rappresentate valide esperienze in molteplici settori:
dalla valorizzazione dell’agricoltura, alla promozione dell’edilizia di
nuove case per chi non ha casa, dalle cooperative sociali fino al
credito cooperativo, qui largamente rappresentato, dalla pesca
all’industria, alle imprese, alle comunità, al consumo, alla
distribuzione e a molti altri tipi di servizio. So bene che questo
elenco è incompleto, ma è abbastanza utile per comprendere quanto sia
prezioso il metodo cooperativo, che deve andare avanti, creativo. Si è
rivelato tale di fronte a molte sfide. E lo sarà ancora! Ogni
apprezzamento e ogni incoraggiamento rischiano però di rimanere
generici. Voglio offrirvi, invece, alcuni incoraggiamenti concreti.
Il primo è questo: le cooperative devono continuare ad essere il motore
che solleva e sviluppa la parte più debole delle nostre comunità locali e
della società civile. Di questo non è capace il sentimento. Per questo
occorre mettere al primo posto la fondazione di nuove imprese
cooperative, insieme allo sviluppo ulteriore di quelle esistenti, in
modo da creare soprattutto nuove possibilità di lavoro che oggi non ci
sono.
Il pensiero corre innanzitutto ai giovani, perché sappiamo che la
disoccupazione giovanile, drammaticamente elevata – pensiamo, in alcuni
Paesi d’Europa, il 40, 50 per cento – distrugge in loro la speranza. Ma
pensiamo anche alle tante donne che hanno bisogno e volontà di inserirsi
nel mondo del lavoro. Non trascuriamo gli adulti che spesso rimangono
prematuramente senza lavoro. "Tu che cosa sei?" - "Sono ingegnere" –
"Ah, che bello, che bello. Quanti anni ha?" – "49"- "Non serve,
vattene". Questo accade tutti i giorni. Oltre alle nuove imprese,
guardiamo anche alle aziende che sono in difficoltà, a quelle che ai
vecchi padroni conviene lasciar morire e che invece possono rivivere con
le iniziative che voi chiamate "Workers buy out", "empresas
recuperadas", nella mia lingua, aziende salvate. E io, come ho detto ai
loro rappresentanti, sono un tifoso delle empresas recuperadas!
Un secondo incoraggiamento - non per importanza - è quello di attivarvi
come protagonisti per realizzare nuove soluzioni di Welfare, in
particolare nel campo della sanità, un campo delicato dove tanta gente
povera non trova più risposte adeguate ai propri bisogni. Conosco che
cosa fate da anni con cuore e con passione, nelle periferie delle città e
della nostra società, per le famiglie, i bambini, gli anziani, i malati
e le persone svantaggiate e in difficoltà per ragioni diverse, portando
nelle case cuore e assistenza. La carità è un dono! Non è un semplice
gesto per tranquillizzare il cuore, è un dono! Io quando faccio la
carità dono me stesso! Se non sono capace di donarmi quella non è
carità. Un dono senza il quale non si può entrare nella casa di chi
soffre. Nel linguaggio della dottrina sociale della Chiesa questo
significa fare leva sulla sussidiarietà con forza e coerenza: significa
mettere insieme le forze!
Come sarebbe bello se, partendo da Roma, tra le cooperative, alle
parrocchie e agli ospedali, penso al "Bambin Gesù" in particolare,
potesse nascere una rete efficace di assistenza e di solidarietà. E la
gente, a partire dai più bisognosi, venisse posta al centro di tutto
questo movimento solidale: la gente al centro, i più bisognosi al
centro. Questa è la missione che ci proponiamo! A voi sta il compito di
inventare soluzioni pratiche, di far funzionare questa rete nelle
situazioni concrete delle vostre comunità locali, partendo proprio dalla
vostra storia, con il vostro patrimonio di conoscenze per coniugare
l’essere impresa e allo stesso tempo non dimenticare che al centro di
tutto c’è la persona.
Tanto avete fatto, e ancora tanto c’è da fare! Andiamo avanti!
Il terzo incoraggiamento riguarda l’economia, il suo rapporto con la
giustizia sociale, con la dignità e il valore delle persone. E’ noto che
un certo liberismo crede che sia necessario prima produrre ricchezza, e
non importa come, per poi promuovere qualche politica redistributiva da
parte dello Stato. Prima riempire il bicchiere e poi dare agli altri.
Altri pensano che sia la stessa impresa a dover elargire le briciole
della ricchezza accumulata, assolvendo così alla propria cosiddetta
"responsabilità sociale". Si corre il rischio di illudersi di fare del
bene mentre, purtroppo, si continua soltanto a fare marketing, senza
uscire dal circuito fatale dell’egoismo delle persone e delle aziende
che hanno al centro il dio denaro.
Invece noi sappiamo che realizzando una qualità nuova di economia, si
crea la capacità di far crescere le persone in tutte le loro
potenzialità. Ad esempio: il socio della cooperativa non deve essere
solo un fornitore, un lavoratore, un utente ben trattato, dev’essere
sempre il protagonista, deve crescere, attraverso la cooperativa,
crescere come persona, socialmente e professionalmente, nella
responsabilità, nel concretizzare la speranza, nel fare insieme. Non
dico che non si debba crescere nel reddito, ma ciò non basta: occorre
che l’impresa gestita dalla cooperativa cresca davvero in modo
cooperativo, cioè coinvolgendo tutti. Uno più uno tre! Questa è la
logica.
"Cooperari", nell’etimologia latina, significa operare insieme,
cooperare, e quindi lavorare, aiutare, contribuire a raggiungere un
fine. Non accontentatevi mai della parola "cooperativa" senza avere la
consapevolezza della vera sostanza e dell’anima della cooperazione.
Il quarto suggerimento è questo: se ci guardiamo attorno non accade mai
che l’economia si rinnovi in una società che invecchia, invece di
crescere. Il movimento cooperativo può esercitare un ruolo importante
per sostenere, facilitare e anche incoraggiare la vita delle famiglie.
Realizzare la conciliazione, o forse meglio l’armonizzazione tra lavoro e
famiglia, è un compito che avete già avviato e che dovete realizzare
sempre di più. Fare questo significa anche aiutare le donne a
realizzarsi pienamente nella propria vocazione e nel mettere a frutto i
propri talenti. Donne libere di essere sempre più protagoniste, sia
nelle imprese sia nelle famiglie! So bene che le cooperative propongono
già tanti servizi e tante formule organizzative, come quella
mutualistica, che vanno incontro alle esigenze di tutti, dei bambini e
degli anziani in particolare, dagli asili nido fino all’assistenza
domiciliare. Questo è il nostro modo di gestire i beni comuni, quei beni
che non devono essere solo la proprietà di pochi e non devono
perseguire scopi speculativi.
Il quinto incoraggiamento forse vi sorprenderà! Per fare tutte queste
cose ci vuole denaro! Le cooperative in genere non sono state fondate da
grandi capitalisti, anzi si dice spesso che esse siano strutturalmente
sottocapitalizzate. Invece, il Papa vi dice: dovete investire, e dovete
investire bene! In Italia certamente, ma non solo, è difficile ottenere
denaro pubblico per colmare la scarsità delle risorse. La soluzione che
vi propongo è questa: mettete insieme con determinazione i mezzi buoni
per realizzare opere buone. Collaborate di più tra cooperative bancarie e
imprese, organizzate le risorse per far vivere con dignità e serenità
le famiglie; pagate giusti salari ai lavoratori, investendo soprattutto
per le iniziative che siano veramente necessarie.
Non è facile parlare di denaro. Diceva Basilio di Cesarea, Padre della
Chiesa del IV secolo, ripreso poi da san Francesco d’Assisi, che "il
denaro è lo sterco del diavolo". Lo ripete ora anche il Papa: "il denaro
è lo sterco del diavolo"! Quando il denaro diventa un idolo, comanda le
scelte dell’uomo. E allora rovina l’uomo e lo condanna. Lo rende un
servo. Il denaro a servizio della vita può essere gestito nel modo
giusto dalla cooperativa, se però è una cooperativa autentica, vera,
dove non comanda il capitale sugli uomini ma gli uomini sul capitale.
Per questo vi dico che fate bene – e vi dico anche di farlo sempre più –
a contrastare e combattere le false cooperative, quelle che
prostituiscono il proprio nome di cooperativa, cioè di una realtà assai
buona, per ingannare la gente con scopi di lucro contrari a quelli della
vera e autentica cooperazione. Fate bene, vi dico, perché, nel campo in
cui operate, assumere una facciata onorata e perseguire invece finalità
disonorevoli e immorali, spesso rivolte allo sfruttamento del lavoro,
oppure alle manipolazioni di mercato, e persino a scandalosi traffici di
corruzione, è una vergognosa e gravissima menzogna che non si può
assolutamente accettare. Lottate contro questo! Ma come lottare? Con le
parole, solo? Con le idee? Lottate con la cooperazione giusta, quella
vera, quella che sempre vince.
L’economia cooperativa, se è autentica, se vuole svolgere una funzione
sociale forte, se vuole essere protagonista del futuro di una nazione e
di ciascuna comunità locale, deve perseguire finalità trasparenti e
limpide. Deve promuovere l’economia dell’onestà! Un’economia risanatrice
nel mare insidioso dell’economia globale. Una vera economia promossa da
persone che hanno nel cuore e nella mente soltanto il bene comune.
Le cooperative hanno una tradizione internazionale forte. Anche in
questo siete stati dei veri pionieri! Le vostre associazioni
internazionali sono nate con grande anticipo su quelle che le altre
imprese hanno creato in tempi molto successivi. Ora c’è la nuova grande
globalizzazione, che riduce alcuni squilibri ma ne crea molti altri. Il
movimento cooperativo, pertanto, non può rimanere estraneo alla
globalizzazione economica e sociale, i cui effetti arrivano in ogni
paese, e persino dentro le nostre case.
Ma le cooperative partecipano alla globalizzazione come le altre
imprese? Esiste un modo originale che permetta alle cooperative di
affrontare le nuove sfide del mercato globale? Come possono le
cooperative partecipare allo sviluppo della cooperazione salvaguardando i
principi della solidarietà e della giustizia? Lo dico a voi per dirlo a
tutte le cooperative del mondo: le cooperative non possono rimanere
chiuse in casa, ma nemmeno uscire di casa come se non fossero
cooperative. E’ questo il duplice principio: non possono rimanere chiusi
in casa ma nemmeno uscire di casa come se non fossero cooperative. No,
non si può pensare una cooperativa a doppia faccia. Occorre avere il
coraggio e la fantasia di costruire la strada giusta per integrare, nel
mondo, lo sviluppo, la giustizia e la pace.
Infine, non lasciate che viva solo nella memoria la collaborazione del
movimento cooperativo con le vostre parrocchie e con le vostre diocesi.
Le forme della collaborazione devono essere diverse, rispetto a quelle
delle origini, ma il cammino deve essere sempre lo stesso! Dove ci sono
le vecchie e nuove periferie esistenziali, dove ci sono persone
svantaggiate, dove ci sono persone sole e scartate, dove ci sono persone
non rispettate, tendete loro la mano! Collaborate tra di voi, nel
rispetto dell’identità vocazionale di ognuno, tenendovi per mano!
So che da alcuni anni voi state collaborando con altre associazioni
cooperativistiche – anche se non legate alla nostra storia e alle nostre
tradizioni – per creare un’Alleanza delle cooperative e dei cooperatori
italiani. Per ora è un’Alleanza in divenire, ma voi confidate di
giungere ad una Associazione unica, ad un’Alleanza sempre più vasta fra
cooperatori e cooperative. Il movimento cooperativo italiano ha una
grande tradizione, rispettata nel mondo cooperativistico internazionale.
La missione cooperativa in Italia è stata molto legata fin dalle
origini alle identità, ai valori e alle forze sociali presenti nel
paese. Questa identità, per favore, rispettatela! Tuttavia, spesso le
scelte che distinguevano e dividevano sono state a lungo più forti delle
scelte che, invece, accomunavano e univano gli sforzi di tutti. Ora voi
pensate di poter mettere al primo posto ciò che invece vi unisce. E
proprio intorno a quello che vi unisce, che è la parte più autentica,
più profonda e più vitale delle cooperative italiane, volete costruire
la vostra nuova forma associativa.
Fate bene a progettare così, e così fate un passo avanti! Certo, vi sono
cooperative cattoliche e cooperative non cattoliche. Ma la fede si
salva rimanendo chiusi in se stessi? Domando: la fede si salva rimanendo
chiusi in se stessi? Rimanendo solo tra di noi? Vivete la vostra
Alleanza da cristiani, come risposta alla vostra fede e alla vostra
identità senza paura! Fede e identità sono la base. Andate avanti,
dunque, e camminate insieme con tutte le persone di buona volontà! E
questa anche è una chiamata cristiana, una chiamata cristiana a tutti. I
valori cristiani non sono soltanto per noi, sono per condividerli! E
condividerli con gli altri, con quelli che non pensano come noi ma
vogliono le stesse cose che noi vogliamo. Andate avanti, coraggio! Siate
creatori, "poeti", avanti!
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