E' di pochi giorni fa l'ultimo richiamo
dell'OCSE che come al solito, all'italiana, verrà letto dagli
interessati, in più maniere tra loro contraddittorie. Dice l'OCSE
che più che il posto, va protetto il reddito del lavoratore. Ma i
soldi per farlo, in Italia, ci saranno?Le leggi, infatti, come noto,
non producono di per sé nuove risorse.Anzi, per raggiungere
l'obbiettivo spesso ne richiedono di nuove. Sempre OCSE sostiene che
ciò influirebbe sulla migliore dislocazione della forza lavoro. Ma
già qui emerge una divergenza di impostazione tra una Europa
liberista, che ipotizza un processo di causa -effetto spontaneo e una
visione italiana statalista e dirigista che unanimemente ritiene che
questi processi vadano guidati da politiche attive del lavoro (per la
verità solo nell'ultimissima comunicazione l'OCSE ne fa cenno, senza
troppa convinzione) , mai realmente fatte in decenni nonostante le
decine di migliaia di dipendenti pubblici impegnati nelle relative
amministrazioni di cui non si vuole ammettere , per motivi
clientelari, l'inutilità. Sarà dura realizzare la flessibilità in
entrata e uscita richiesta dall'OCSE quando la mentalità prevalente
è quella che l'una e l'altra parte , nelle due fasi, debbano essere
più brave a fregare la controparte che a rispettare regole di
correttezza e civiltà. Tutto un altro mondo, quindi. In ogni caso in
Italia, prima del 2017 un sistema universale di protezione sociale
per chi perde il lavoro non sarà realizzabile e quindi su questo,
per il momento, a meno che non siano scoperti pozzi di petrolio in
Via Flavia, è meglio mettersi l'anima in pace e proseguire coi
vecchi ammortizzatori. Già il Fondo Monetario Internazionale aveva
cominciato a snocciolare questo libro dei sogni: riforma della
giustizia, riforma tributaria, riforma della scuola e
dell'università, no ai condoni, ridurre il cuneo
fiscale,liberalizzazioni, privatizzazioni, ecc. Con un po' di ritardo
forse: qualcuno dovrebbe spiegare all'OCSE che in Italia le tasse
universitarie è inutile aumentarle ancora visto che ormai gli
studenti stanno abbandonando le facoltà sia per i già alti costi
sia per l'inutilità della laurea nell'attuale mercato del lavoro. E
con troppa prudenza, visto che lascia la porta aperta e quindi
ammette una modulazione temporale degli interventi in tutti i settori
di cui si propone la riforma compatibilmente con le esigenze di
bilancio. Quindi se ne parlerà tra anni. Per cui: parole al vento.
Nel frattempo la riforma Fornero si delinea (lo dicono gli
imprenditori e non stranamente quei partiti che dicono di voler
rappresentare il lavoro dipendente, il più colpito dal capolavoro
della professoressa torinese) come un disastro epocale. . Ha
aggravato i costi nell'utilizzo di apprendistato e lavoro a termine,
ha concorso alla perdita di ulteriori 320 mila posti di lavoro e a
un tasso di disoccupazione, specie giovanile, che da tempo non si
riscontrava. Le aziende fanno sempre meno contratti, soffocate da
burocrazia asfissiante e oneri inutili. Il contratto di apprendistato
è affondato per l'aumento della contribuzione, per il vincolo di
stabilizzazione e, per la verità, anche per i ritardi delle
Regioni. Analoghe disavventure per il contratto a tempo determinato,
grazie all'aumento della contribuzione, non riequilibrato dal premio
di stabilizzazione e dalla possibilità di omettere il “causalone”.La
reputazione delle collaborazioni e delle partite IVA era da tempo
segnata (per la intrinseca pericolosità) da parte delle aziende, il
contratto di inserimento è stato abrogato,le agevolazioni alle
assunzioni femminili sono al palo per la solita non immediata
attuabilità delle leggi italiane (da definire ancora territori e
tipi di impiego). Poiché è aumentato il contributo per l'ASPI è
diventato più costoso licenziare quindi si preferisce addirittura
non assumere. Nè tanto meno le aziende sono propense a versare i
contributi relativi ai fondi di solidarietà bilaterale e residuale.
Un capolavoro quindi cui oltre alla
Fornero ha sicuramente concorso l'elite amministrativa del Ministero
del Lavoro che ha fornito la propria preziosa consulenza tecnica a
supporto del Ministro. Anche l'Italia pertanto possiede le sue armi
di distruzione di massa. Come rimediare? Qui la confusione rischia di
accentuarsi. Il PD è per una modifica della riforma, il PDL per
abolirla, Monti (cioè Ichino) per sperimentare nuove soluzioni.
Molto dipenderà da chi ricoprirà il posto di Ministro del Lavoro e
dalle spinte che verranno, su un tema tanto sensibile, dalla sinistra
estrema, dalla lega, dai grillini e, ovviamente, dalle associazioni
sindacali dei lavoratori e dei datori di lavoro.
Dalla lettura delle varie posizioni in
campo alcune osservazioni sono d'obbligo.
Il PD appare eccessivamente attardato
in una visione ingegneristica del diritto del lavoro. L'impressione
è che abbia difficoltà ad elaborare un modello coerente e compiuto
e, probabilmente, sia intenzionato in futuro ad appaltare alla CGIL e
alla Camusso , volta a volta, l'elaborazione di proposte da far
proprie come governo in cambio di una pace sociale (e qui non sembra
lecito attendersi uno scavalcamento da parte di CISL, UIL e UGL). Da
un punto di vista tecnico è prevedibile che si ripropongano gli
stessi errori compiuti quando si riformò la materia del lavoro
pubblico. Un groviglio di circolari, decreti attuativi, protocolli di
intesa che rischia di far diventare il diritto del lavoro italiano
ancor più giungla di come lo sia attualmente. Unico sollievo: forse
per un bel po' di tempo ci verrà risparmiata l'inutile polemica
sull'articolo 18 (forse l'argomento che alle aziende interessa di
meno, in quanto non a tutti è noto che le aziende non vogliono
licenziare ma crescere, produrre e assumere alle condizioni più
favorevoli possibili). Il PD non si occuperà di pensioni (non
smetterà mai di ringraziare la Fornero per averci lavorato sopra
sporcandosi fino al collo) se non per sanare la vicenda esodati
effettivamente imbarazzante per l'elettorato di riferimento L'art. 8
di Sacconi per il PD è come l'alieno di Roswell di cui si debba fare
l'autopsia: ancora non ha capito da dove cominciare,se la
contrattazione aziendale è un rischio o un opportunità: poco male:
saranno gatte da pelare per la CGIL....
L'uomo di punta per la Lista Monti è
Ichino, uscito sconfitto anche lui dalle primarie del PD. Ovvio che
per questo motivo e per la sua scelta di cambiare schieramento,
nonché per una vecchia ruggine tra lui e l'Amministrazione del
Lavoro, sarà difficile che la sua proposta possa essere influente,
quanto meno nella prima parte della legislatura. Il professore è
divenuto molto più prudente (il tritacarne in cui si è ficcata la
Fornero ha spaventato molti studiosi) e pone l'accento sull'aspetto
sperimentale della propria proposta perchè neppure lui sa se possa
davvero funzionare nel caos del mondo del lavoro in Italia. Diversi
sono i punti deboli della proposta. In sintesi:le imprese sono
stanche di esperimenti: vogliono lavorare e in sicurezza, altrimenti
vanno all'estero. Il rapporto di lavoro a tempo indeterminato
(illusorio) rischia più di essere un dogma che una realtà. Forse è
bene che si elaborino modelli alternativi in cui tutti, senza
privilegi, possano cambiare lavoro nella vita in piena sicurezza. Il
precariato non è sgradevole tanto per la durata determinata ma per
essere sfruttamento sottopagato e ricattato. Più che la durata, qui
il tema è la dignità delle condizioni di lavoro e la sufficienza
della retribuzione. Quindi secondo noi, anche da parte di Ichino c'è
un evidente ritardo interpretativo. Di ridurre il cuneo fiscale
Ichino sa meglio di noi che non è aria, almeno finchè i costi della
PA saranno a questi livelli. Ichino poi dovrebbe sapere che
l'Outplacement in Italia il soggetto pubblico non sa farlo e quindi
non sarebbe gratuito. E delude quando scomunica l'art. 8 di Sacconi
in nome del totem CCNL. Ci saremmo aspettati un po' più di coraggio
nel valorizzare la contrattazione aziendale, l'unica che può
sparigliare il pluridecennale immobilismo dell'assetto sindacale
italiano.
Quanto al PDL pesa su questo
schieramento l'eredità della gestione Sacconi cui non si può non
pensare in relazione alla credibilità delle intenzioni di modificare
realmente, questa volta, il mercato del lavoro. Certo, non si può
negare che la scelta sia chiara (abolire la riforma Fornero e tornare
alla Legge Biagi) e che il quadro ideologico sia coerente. Il punto
debole è nella dimostrata incapacità, in questi anni, di quella
parte, di saper unire e non dividere il mondo del lavoro su una
prospettiva condivisa. E in Italia la riforma del Lavoro o la si fa
tutti assieme o non la si fa. Anche in questo caso, come per Ichino,
il contrasto tra tempo indeterminato e precariato è posto in maniera
non corretta e fuorviante, in maniera cioè poco moderna. Ovviamente
la validità dell'art. 8 di Sacconi è ribadita ma ci sarebbe più
piaciuta una netta presa di distanze da visioni dello stesso
penalizzanti per le condizioni dei lavoratori. Bene abbattere il
totem del CCNL ma per migliorare le condizioni di imprese e
lavoratori , non per peggiorarle perchè non è così che l'economia
cresce. Quanto al tema della liberazione del lavoro dai vincoli
fiscali e burocratici, lo stesso è convincente come sempre ma in
realtà è rimasto in questi anni una mera utopia nonostante le
responsabilità di governo ricoperte.
In conclusione auguriamo a tutte le
forze politiche, dopo le elezioni, di riuscire a realizzare qualcosa
di buono e costruttivo per tutti i lavoratori italiani. Ne sentiamo
veramente il bisogno.
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